SAN FILIPPO DI AIDONE

In Aidone da tempo immemorabile si venera il simulacro di san Filippo Apostolo, meta di pellegrinaggio dai paesi della provincia di Enna e di quelli limitrofi del catanese. La festa cade il 1° maggio, giorno in cui si ricorda la traslazione delle reliquie dei SS Filippo e Giacomo nella Basilica dei dodici Apostoli di Roma sotto il pontificato di Giovanni III (561-574). Il santo è venerato in tutto il mondo cristiano in date diverse: il 3 maggio dai cattolici, il 1º maggio dagli anglicani e dagli aidonesi (!!!) , il 14 novembre dagli ortodossi , 18 novembre dai copti, 17 novembre  dagli armeni. 

Qui di seguito alcuni articoli in cui ho trattato l'argomento, le notizie e le curiosità che ho raccolto, la poesia di Girolamo Giusto dedicata a San Filippo di Agira di Piazza Armerina e una di Teoloro Ferreri dedicata alla festa di San Fulipp di Aidone, una ispirata alle Zagaredd' di Lucia Todaro e dulcis in fundo "L'borij e a festa d' San Fulipp' "  di Vincenzo Cordova

CONTENUTI DELLA PAGINA

Aidone e San Filippo ai tempi del Coronavirus

San Filippo Apostolo di Aidone

Dalla Chiesa di Santa Maria La Cava - Santuario di San Filippo Apostolo

Quando è arrivata la Settimana Santa e poi Pasqua e pasquetta pensavamo di aver visto tutto quello che si potesse vivere di assurdo, irreale, fuori dal tempo. Le feste religiose sono soprattutto feste comunitarie; nelle chiese, nelle processioni ti trovi spalla a spalla con persone sconosciute, ma sai di vivere gli stessi sentimenti, lo stesso dolore, la stessa gioia, la stessa fede. Quando ti ritrovi nella stessa piazza e vivi la Giunta di Pasqua, tra lo scampanio festoso, l’abbraccio di Maria e il suo Figlio Risorto e gli Apostoli-Santoni che ballano e saltano per la gioia, è un continuo abbracciarsi, baciarsi, stringere mani anche a perfetti sconosciuti e in quel momento sei felice di farlo. Le feste pasquali sono passate nella mestizia, molti fedeli si sono ritrovati a casa davanti ad un telefonino per sentire e vedere il proprio parroco, gli altari conosciuti e la piccola consolazione di essere quasi presenti. C’è un prete a Bari, Don Giovanni Ladiana, che ad ogni messa che si prepara a celebrare, dal profilo facebook avvisa i suoi parrocchiani “anche oggi vi porterò a messa con me; mi preparerò leggendo i vostri nomi”, il loro nome risuona nella chiesa vuota ma è come se tutti banchi fossero pieni delle loro presenze…

E poi è venuta la volta di San Filippo: la novena, i vespri e oggi anche la messa solenne sono state seguite in streaming con una buona partecipazione di devoti. La messa solenne è stata celebrata, a porte chiuse nella cappella del Santo, dal Vescovo mons. Gisana e da tutti i tre parroci di Aidone, Don Carmelo Cosenza, Don Giacinto Magro, Don Angelo Ventura, alla presenza del Sindaco, dell’assessore Ciantia in rappresentanza della nostra cittadina, dei comandanti dei vigili urbani e dei carabinieri di Aidone e della bellissima voce di una corista. Alla fine della celebrazione i presenti, insieme a due ragazzi che sostenevano una gigantografia di San Filippo, con il Vescovo che reggeva il secentesco reliquiario, hanno percorso in processione il breve tragitto che si fa, alla stessa ora tutti gli anni, con la partecipazione di una folla enorme di pellegrini e devoti. I fedeli, i devoti che hanno potuto, si sono uniti virtualmente ed in ispirito a questa celebrazione, e i fortunati abitanti in quelle strade hanno potuto assistere alla processione dai balconi.

San Filippo Apostolo di Aidone

Ma San Filippo per Aidone non è solo la festa religiosa è la festa per antonomasia. Una festa attesa, e a volte subita, a partire già da molti giorni prima, quando le vie principali vengono chiuse al traffico per fare posto alle numerose bancarelle, e subito le strade si riempiono del profumo fragrante del torrone di mandorle lavorato dai vari turrunari, dell’odore invitante della salsiccia e cipolle e wurstel dei tanti venditori di panini, delle musiche a volte assordanti di chi invita a comperare le ultime novità, una volta di dischi, ora dvd, o di quella che accompagna le “giostre”, quando i proprietari di ciascuna delle attrazioni suonano la propria musica e ciascuno cerca di superare in volume il vicino; dei colori delle bancarelle di vestiti, cappellini, foulard e le tanto amate zagarelle che ragazzi e adulti, venditori all’impronta, vi propongono per tutta la salita di via Cavour e sui gradini della chiesa.

E da tutte le strade di ingresso in Aidone arrivano per giorni, ma ancora di più per tutta la notte della vigilia, pellegrini a piedi, per sciogliere voti, impetrare grazie, fare semplicemente il viaggio perché così si è fatto da sempre; per alcuni sofferto pellegrinaggio, per altri gita, festa a mò di scampagnate, per i più moderni occasione per un percorso da trekking. Da qualche anno, ad esempio, un gruppo di camminatori del Sentiero Siculo vengono da Barrafranca per fare il Viaggio a San Filippo di Aidone “attraverso campi e foreste”, senza mai usare le strade statali se non per attraversarle.

E tutto questo si è ripetuto uguale per secoli! Non sappiamo quando inziò in Aidone il culto del santo taumaturgo il cui sepolcro, a Hierapolis in Frigia, fin dai primi secoli dell’era cristiana era meta di pellegrinaggi da tutto il medio oriente. Non è un santo comune in Sicilia dove è molto più venerato san Filippo di Agira. Una delle poche chiese esistente è quella della Giudecca ad Ortigia più conosciuta per il bagno rituale ebraico, il miqweh, che è stato trovato nei sotterranei e dove a quanto pare non c’è neppure un’immagine di San Filippo.

San Filippo Apostolo di Aidone

Lo troviamo citato negli atti del Vicario Capitolare Francesco D’Amico, era il 10 maggio 1631 e una delegazione di aidonesi avevano portato a Regalbuto, dov’era in visita il vicario, un prezioso reliquiario di argento perché vi fosse benedetto. Era lo stesso portato oggi in processione e allora, quando lo riportarono in Aidone, si fecero grandi feste. Perché venisse fatto un un reliquiario così prezioso e costoso, il suo culto doveva essere già presente, e le reliquie, in effetti piccole scaglie di ossa, sono dei santi Filippo e Giacomo, chiamato il Minore o il Giusto. Le reliquie più consistenti, il piede di Filippo e un pezzo di femore attribuito a Giacomo giunsero a Roma nel VI secolo, da Costantinopoli, per volere di Pelagio I (Papa dal 556 al 561) che li volle custodite nella basilica che lui stesso fece costruire, intitolandola ai Santi Apostoli. (Le reliqui due anni fa sono state in visita ad Aidone condotte dal parroco della basilica Don Agnello Stoia, ed è stato un evento indimenticabile per la nostra piccola comunità).

Ora il mio pensiero va anche alla delusione di tutti i forestieri che avrebbero voluto intraprendere il viaggio quest’anno, ma va specialmente a tutte quelle persone, i venditori ambulanti, i giostrai, gli installatori delle luci, i fabbricanti di fuochi di artificio, i produttori di cera, che in questi mesi primaverili passavano da un paese all’altro, da una festa all’altra e ora sono costretti nelle loro case a chiedersi quando potranno ricominciare a lavorare per mandare avanti la baracca. Penso anche a tutti i commercianti, i ristoratori aidonesi e al loro guadagno perso. Mi immedesimo nella loro sofferenza, a volte diamo tutto per scontato e non pensiamo quante famiglie vivono intorno ad una festa, ad un evento, ad una sagra. Tutte occasioni ormai perse e chissà ancora per quanto tempo. Non ci resta che affidarci a San Filippo che in questi mesi ha tenuto sotto il suo ombrello protettivo il nostro paese. dove non si è verificato neppure un caso di contagio.

*Ringrazio Angelo Gugliara per avermi permesso di usare le sue foto.

San Filippo Apostolo di Aidone -2020

Aidone 27 aprile 

ARTICOLO PUBBLICATO SUL SITO INTERNET DELLA DIOCESI "SETTEGIORNI DAGLI EREI AL GOLFO

In questi giorni senza tempo, segnati dagli effetti del coronavirus, è passata in silenzio la Settimana Santa e la Pasqua in cui il nostro paese è colorato dai pennelli della primavera, dai vestiti a festa delle ragazze, dalle fasce dei confratelli e dalle vesti dei santoni; e i vicoli e le piazze sono animati delle loro corse e dalle tante processioni e risuonano delle lamentazioni cantate dai confratelli, dalle marce suonate dalle bande e poi dal festoso scampanìo della notte del Sabato santo e della Giunta, l’incontro tra Gesù risorto e Maria che può abbandonare il nero manto tra i salti festosi degli Apostoli, i Santoni.

E già ci mancano i viaggi dei pellegrini che popolano di pedoni la ss 288 e poi negli ultimi giorni di aprile le strade aidonesi, popolate di bancarelle colorate, di forestieri e rumorosissime giostre. Mancano pochi giorni al primo maggio, la festa di San Filippo Apostolo, il santo taumaturgo che da secoli attira in Aidone decine di migliaia di pellegrini che, a piedi e con tutti i mezzi, raggiungono il santuario per impetrare grazie o per sciogliere voti.

I riti e le liturgie della Quaresima, della Settimana Santa, della Pasqua e ora di San Filippo navigano nell’etere, sono seguiti dai fedeli sui piccoli schermi di smartphone, tablet, desktop, schermi tv, mentre il sacerdote da solo li celebra in chiese vuote e silenziose ma piene del desiderio di partecipazione.

Pasqua, la Giunta, i Santoni, San Filippo, tutto è stato, a memoria di aidonese, scontato come il sole che si alza il mattino e tramonta la sera, le fasi della Luna, il fiorire dei mandorli... mai nessuno avrebbe potuto pensare che qualcuno o qualcosa potesse modificarne il corso. Eppure è bastato l’infinitesimo di un granello di sabbia ad inceppare tutto il meccansismo della vita umana. La natura continua a fare il suo corso ma la vita dell’uomo in tutte le sue manifestazioni è stata congelata, ingabbiata da due mesi dal virus che sta mettendo in ginocchio l’intero pianeta antropizzato.

San Filippo Apostolo di Aidone. Oggi e ieri, tra storia e leggenda

Ho pensato che nel silenzio delle assenze si possono far rivivere in modo diverso quegli eventi, a cominciare dalla loro storia.

Proviamo ad incontrare San Filippo, il santo dei pellegrini, nel suo viaggio storico, fatto di dati reali, di leggende, di ricordi. Per questo ringrazio Don Carmelo Cosenza per le sue preziose informazioni e per avermi permesso di usare all’uopo le “note restrospettive” manoscritte di Don Lorenzo Maria Milazzo, il primo Parroco di Santa Maria La Cava, istituita in parrocchia nel 1910 dal vescovo di Piazza Armerina Mons. Mario Sturzo.

Non abbiamo certezze sulla nascita del culto di San Filippo Apostolo in Aidone, il primo documento scritto risale al 1631, esattamente il 10 maggio, quando a Regalbuto, in occasione della visita del Vicario Capitolare, il rev. Francesco D’Amico, viene portato, per esservi benedetto, il prezioso reliquiario d’argento che contiene le reliquie di San Filippo e San Giacomo apostoli e di altri martiri. Circa cinquant’anni prima, nel 1579, la chiesa di Santa Maria Lo Plano, in origine costruita nella periferia occidentale, di molto staccata dal centro urbano che sorgeva sulla cresta del monte e si dipanava sul costone orientale, era stata dichiarata chiesa parrocchiale coadiutrice della Chiesa Madre di San Lorenzo. Infatti, con l’infoltirsi delle abitazioni nel “piano”, la chiesa si era trovata al centro di un quartiere popoloso, da qui l’esigenza di renderla parrocchiale.

San Filippo Apostolo di Aidone

È probabile che l’importanza della chiesa derivi anche dal diffondersi del culto di San Filippo a cui, in una chiesa ad aula unica, verrà dedicata una cappella esclusiva. La cappella settecentesca era decorata con i magnifici stucchi, conservati nella parte superiore delle pareti e sulla volta, che sono stati riportati agli antichi splendori con il restauro effettuato nel 2019. Gli stucchi dei bassorilievi della fascia inferiore risalgono invece agli inizi del 1900, è del 1902 infatti il restauro, si presume l’inaugurazione, della cappella abbassata rispetto al piano della Chiesa.

La statua di San Filippo è stata sottoposta ad un vero restauro nel 2007, dallo studio è risultato che la sua manifattura può essere collocata tra la fine del Cinquecento e i primi del Seicento. È stata pure sfatata la leggenda che voleva che il nero della faccia del Santo fosse dovuto al legno nel quale era stato scolpito, l’ebano. É emerso infatti che il santo è stato volutamente dipinto di nero, forse in analogia con la rappresentazione di santi molto venerati in Sicilia come il san Calogero dell’agrigentino e il vicino San Filippo di Agira con il cui culto nei nostri paesi ci sono spesso punti di contatto.

San Filippo  di Agira di Piazza Armerina

A proposito di San Filippo Argirione, è nata la leggenda che vuole che gli aidonesi avessero rubato o sostituito la statua dei vicini piazzesi (Il santo venerato a Piazza Armerina è appunto San Filippo Argirione, il suo simulacro è nero come quello che è in Agira), ma entrambe le comunità di fedeli temono che il santo voglia tornare nella propria casa! Da qui la tradizione che viene raccontata in Aidone, che per la processione del primo maggio il Santo venisse fatto uscire e rientrare di spalle, perché non vedesse la strada per Piazza Armerina, che fronteggia appunto la chiesa di Santa Maria. Dall’altra parte a Piazza Armerina nel corso della processione di San Filippo di Agira, lu Casaluttari, venerato nella chiesa omonima del “giovane” quartiere del Casalotto, nella festa che si celebrava la seconda domenica di maggio, si temeva che san Filippo se ne volesse tornare in Aidone e per dirla con le parole di Girolamo Giusti “ Ed anni ed anni e sèculi passaru/ ma tu ristasti sempri forasteri...E quannu sì, pi la tò festa, juntu ddà davanti a la Cruci di San Petru,/chianti li pedi e resti nni ddu puntu. //Poi ti risolvi e cerchi di scappari/ Daduni è ddà e nun voi turnari 'ndietru.../L'amuri anticu nun si pò scurdari! (per leggerla tutta) 

Non vorrrei sembrare troppo blasfema ma mi verrebbe da chiedere: e se gli aidonesi avessero apposta accorciato le gambe del nostro san Filippo per impedirgli di fuggire? Da sempre infatti ci si chiede il perché della sproporzione tra il busto e gli arti inferiori della statua, per tutto il resto ben proporzionata e di pregevole fattura. E se avessero colorato di nero il bel faccione di patriarca per renderlo irriconoscibile ai vicini piazzesi? Non voglio creare un’altra leggenda. Quello che è certo è che a Piazza Armerina il culto per san Filippo di Aidone è rimasto immutato nei secoli, i piazzesi costituiscono il gruppo più numeroso di pellegrini che a piedi raggiungono il santuario ed avevano un posto privilegiato tra i portatori nella processione del primo maggio.

San Filippo  apostolo di Aidone

Un’altra caratteristica che accomuna i due santi è la preghiera perché il santo assicuri un buon raccolto, a Piazza “la vera processione era preceduta dai contadini che promettevano il frumento messo in groppa alle loro bestie da soma per ottenere la grazia di un buon raccolto, della buona salute loro e dei loro collaboratori quadrupedi” (Gaetano Masuzzo. Cronarmerina). In Aidone il “viaggio” del Santo, il cui Fercolo è addobbato anche con tralci di fave fresce e spighe, inizia verso le tredici per permettere di partecipare ai tantissimi pellegrini che nella notte hanno raggiunto il santuario, e probabilmente per lo stesso motivo si dipana in un percorso breve che dalla ripida salita di via Domenico Minolfi lo porta in Piazza Umberto e da qui in la via Garibaldi, via Senatore Cordova e quindi risale dalla via Cavour. Ma anticamente l’ultima domenica di maggio il santo veniva portato in processione, quella dedicata agli aidonesi, per la classica via dei santi (che attraversa tutto il centro storico), la processione giungeva fino al piano del Castellaccio perché benedicesse le messi.

Già in occasione della benedizione del Reliquiario d’argento si parla dell’accoglienza con grandi feste, e San Filippo, il primo maggio, rappresenta una delle feste principali di Aidone, insieme alla Pasqua e san Lorenzo.

La festa era particolarmente sontuosa, ne abbiamo testimonianza fino all’inizio del Novecento, al santo veniva donata tantissima cera nella forma di “ntorce”, di diverse dimensione e variamente addobbate, che i pellegrini portavano in processione, spesso accompagnati dalla banda o dal solo tamburo. E le candele erano le protagoniste della piramide di luce che annunciava l’epifania del Santo la vigilia durante i Vespri. La chiesa veniva illuminata con diverse centinaia di candele, che pendevano dai lampadari a ninfette, per tutta la sua ampiezza. L’altare di allora, di forma piramidale con scaloni di marmo alla base e di legno nella parte alta, ospitava 160 candele, la cui luce veniva aumentata dalla rifrazione provocata da palme di stagno argentate, sapientemente intercalate alle candele, appariva come una piramide di fuoco; da dietro, con un effetto teatrale degno della migliore tradizione del deus ex machina, in un clima di attesa che diventava sempre più delirante, al suono della marcia reale e del grido ripetuto da diverse centinaia di fedeli “Viva Dio e San Filippo”, il santo appariva con la sua faccia nera e il manto dorato, e solo allora si faceva silenzio per celebrare i Vespri.

San Filippo Apostolo di Aidone

Nelle note del parroco Milazzo trova conferma anche quella che sembrava una leggenda partorita dalla penna anticlericale di Vincenzo Cordova: il posto dei miracoli. Il poeta aidonese in una delle sue più belle poesie in dialetto galloitalico “Liborij e a festa d’ San Fulip’ scrive “Curriva a bara senza nudd’ stacul’ / Zirà p’ tutt’ u ciangh’ senza scant’/ e pui firmà unna fasgiva i mbracul’ (La bara correva senza nessun ostacolo, fece il giro della piazza senza timore, e poi si fermò laddove il santo faceva i miracoli)”. Don Lorenzo Milazzo, uomo dotto e di fede, che era stato professore di Teologia morale e Filosofia nel seminario di Patti, deplora questa superstizione del miracolo a comando, che veniva fatta davanti alla scalinata della Chiesa, prima che la bara fosse riportata in chiesa. Le sue parole non sono meno pungenti di quelle del Cordova quando concludono “Questa non è religione, perché la religione non vuole teatralità, perché Dio non fa miracoli né sul palcoscenico, né sulle piazze”! La teatralità era riferita alla piramide di luce e all’apparizione del simulacro di San Filippo.

Tra la leggenda e la realtà trova riscontro anche un altro racconto sentito migliaia di volte da mia nonna che era nata nel 1900 e che tra i suoi ricordi di infanzia raccontava di una festa molto più grandiosa rispetto a quella della nostra infanzia negli anni ‘60. La facciata, la piazza, la via Cavour, illuminate artisticamente dalle lampade di acetilene, la piazza circondata di venditori di dolciumi, la musica suonata sul palco montato in piazza, e poi i leggendari palloni di carta colorata rappresentanti strane figure, che, riscaldati con l’aria calda, intraprendevano in loro volo, osservato da migliaia di spettatori con gli occhi all’insù: a volte raggiungevano grandi altezze e sparivano allo sguardo, altre volte invece arrivati ad una certa altezza si incendiavano miseramente. (nella foto come dovevano apparire i piccoli palloni aerostatici usati negli anni 20 del 900 per divertimento nelle feste paesane).

San Filippo Apostolo di Aidone 2019

Ed infine non si può non fare cenno all’altra credenza aidonese di San Filippo, il Santo dei forestieri. Agli occhi degli aidonesi, da sempre tiepidi nelle loro esternazioni religiose -agli occhi dello stesso Milazzo appare manifesto il carattere apatico degli aidonesi affetti da “un senso di indifferentismo” una specie di “ateismo pratico, non assoluto”. Agli occhi degli aidonesi doveva apparire quantomeno incredibile tanta fede che spingeva gente, proveniente da gran parte della provincia ennese e dalla vicina catanese, ad intraprendere faticosissimi viaggi a piedi per chiedere una grazia o ringraziare del miracolo ricevuto (un’amica della lontana Gangi mi riferisce che anche da loro quando un’impresa appariva impossibile si diceva “partimu pi San Fulippu”). Si saranno convinti che loro non erano capaci di chiedere con altrettanta tenacia, tale che muovesse il santo in loro favore.

San Filippo Apostolo di Aidone

Dopo i restauri strutturali della chiesa di Santa Maria La Cava, portati a termine dallo stesso Parroco Milazzo e la successiva ripresa dell’attività nella chiesa, egli potè apportare tutti quei cambiamenti, a riti e liturgie, che dovevano avviare il popolo ad una religiosità ed una fede più mature; opera continuata qualche decennio dopo dal Parroco Angelo Calcagno che sentì l’esigenza di educare anche i pellegrini, ricordando che stavano entrando nella casa del Signore, che la grazia, il miracolo non va chiesto al santo ma a Dio attraverso la mediazione del santo. Opera di educazione continuata con molto successo da Don Carmelo Cosenza, l’attuale parroco. C’è voluto un secolo! Gli aidonesi hanno imparato a pregare con fede e devozione il loro Santo, hanno voluto imitare i pellegrini forestieri intraprendendo viaggi a piedi da Piazza Armerina o addirittura da Enna e il detto che San Filippo è il santo dei forestieri ormai è confinato tra i ricordi del “si diceva”.

Dopo tanti secoli è immutata nei devoti la fiducia nella sua opera di preghiera presso il trono di Dio. Risale agli anni sessanta del Novecento un miracolo di cui un fedele, il signor Giovanni Santuzzo ha voluto rendere testimonianza. Egli si trovò, negli ultimi giorni di aprile del 1961, al centro di una situazione che definirla drammatica sarebbe riduttiva, un figlioletto di due anni colpito probabilmente da meningite sta per perdere l’uso della vista e delle gambe e una moglie incinta di sette mesi che, mentre assiste il figliolo, incorre in un parto prematuro con grave rischio suo e del neonato. In modo inspiegabile anche per i medici che li avevano in cura si salvano entrambi senza danni conseguenti, il signor Santuzzo se ne torna a casa con la famiglia arricchita della nascitura; a fine agosto del 1963 torna in Aidone per sciogliere il voto formulato in quella notte di disperazione all’ospedale Garibaldi di Catania, quando si era rivolto al Santo di cui era fervente devoto: far decorare d’oro il simulacro di San Filippo. Allora il signor Santuzzo non aveva sentito l’esigenza di far certificare in ospedale la guarigione “miracolosa” del figlioletto, ma ne rimase sempre convinto e il 10 luglio 1983 ritornò in Aidone per renderne testimonianza, sottoscrivendo una dichiarazione, oggi agli atti del Santuario.

San Filippo Apostolo di Aidone

Con questa testimonianza un altro tassello va al suo posto, ecco spiegata la rarità della colorazione d’oro zecchino, del vestito di San Filippo, che invece è rappresentato con il manto scuro e il vestito rosso nel ritratto della porta settecentesca, che ne custodiva la nicchia, recuperata nell’ultimo restauro del 1919.

Questa bellissima porta ci dice con quale cura venisse protetto il simulacro, la presenza di due serrature prevedeva la presenza contemporanea di due persone che custodivano le chiavi. E un’altra cosa vorrei ricordare a quanti lamentano che questa porta, rimessa nel suo posto naturale, nasconde il Santo dallo sguardo del fedele, prima rivelato dalla porta di vetro. Come ci racconta la tradizione della apparizione del Santo dalla piramide di fuoco questa avveniva solo la sera della vigilia, il santo restava probabilmente esposto solo il giorno della festa. E questo spiegherebbe anche il perché dell’affolamento dei pellegrini nelle due giornate e non nel corso di tutto l’anno.

NOTE IN CALCE ALL'ARTICOLO

Qui si conclude l'articolo pubblicato da sul giornale diocesano. Ma ci sono ancora un paio di cose che mi piace aggiungere per completare il quadro della festa di San Filippo.

LA DATA. A FERA D' SAN FULIPP'. LA FESTA DEL 28 MAGGIO E QUELLA DEL 14 NOVEMBRE

Una delle questioni tipiche di questa festa è la data, il primo maggio, quando nel resto d’Italia si celebra la festività di Sam Giuseppe Artigiano e la festa del lavoro. La data come abbiamo detto nel resto d’Italia e nel mondo cattolico è il 3 maggio. I Piazzesi in quella data celebrano la Patrona con la processione nel santuario di Piazza Vecchia e la scampagnata nelle contrade viciniori. Gli aidonesi nei primi anni del secolo per merito dei Fratelli Palermo celebravano il tre maggio con il palio degli asini, a cursa i scecch’.

Gli aidonesi godevano la festa di San Filippo, mi si passi il termine come una festa civile, per l’abbondanza delle bancarelle, la grandiosità dei festeggiamenti, l’atmosfera gioiosa, il grande mercato, a fera d’ San Fulipp’ che si teneva l’indomani dove si poteva trovare di tutto (L'altra fiera grande era quella che seguiva la festa di San Lorenzo, l’undici agosto, erano le uniche fiere a cui affluivano mercanti da tutta la Sicilia e vi si poteva trovare di tutto dalla terraglia, alle stoffe, ai finimenti per cavalli, agli attrezzi agricoli e agli stessi animali). Ma non la sentivano la propria festa religiosa, la folla e la ressa era tale che in pochi si arrischiavano a mescolarsi nella processione, e inoltre il percorso era brevissimo e lasciava scontenti tutti coloro che abitavano nei quartieri antichi, palcoscenico della classica via sacra.

Così nel 1685 cominciò a farsi la processione del 28 maggio in cui la statua veniva portata negli antichi quartieri di San Lorenzo e San Giacomo. Il piacere della festa prese la mano e cominciarono a farsi le processioni in tutte le domeniche di maggio. Il fercolo con il santo veniva lasciato una settimana nel quartiere di San Lorenzo, all’interno della chiesa di Santa Caterina, una settimana nella chiesa della Madonna delle Grazie nel quartiere di San Giacomo. Questo provocò l’ira dei vescovi che nel 1708 arrivarono ad ordinare che la festa si facesse ogni dieci anni. Ma gli abusi continuarono finché verso la fine dell’Ottocento si tornò alle due processioni, quella dell’uno e quella dell’ultima domenica di maggio. (Note del Parroco Milazzo)

Il parroco Milazzo dopo l’insediamento istituisce la festa del martirio di San Filippo il 14 novembre, una festa esclusivamente religiosa preceduta dal triduo nei gg 10, 11 e 12, i Vespri solenni il 13 e la messa cantata il 14. Lui stesso nelle note si meraviglia della riuscita della festa “superiore ad ogni aspettattiva sia per la devozione sia per i concorso dei fedeli numerosissimo”. Deve ricredersi, gli aidonesi non sono poi così miscredenti e superstiziosi come li aveva dipinti!

Giuseppe Pitrè: La festa di San Lorenzo e San Filippo Apostolo in Aidone

Giuseppe Pitrè: La festa di San Filippo

da Giuseppe Pitrè: Feste patronali in Sicilia - Cap. LIX - La festa di San Lorenzo e di San Filippo Apostolo in Aidone 

2. LA FESTA DI S. FILIPPO (Pag. 553 e sgg)
Gli Aidonesi, come altri siciliani, non si contentano di un solo festino; ma ne fanno anche due: uno, come abbiam visto, a S. Lorenzo, un altro a S. Filippo Apostolo, quello il 10 Agosto, questo il 1° Maggio. Ma l'uno e l'altro hanno devoti o clienti diversi: il primo, paesani e abitanti del territorio; il secondo, quasi tutti forestieri, che accorrono dalla provincia e fino dal paeselli più lontani.
San Filippo gode fama di taumaturgo, ed è il protettore degli scemi, degli ossessi, degli alienati e di quanti sono affetti da malattie inguaribili o arcane, secondo il giudizio del volgo. La sua figura in legno è nera come ebano, ed ha occhi fieri ed acuti che fanno paura: e quando vien messo in movimento per il giro della città, desta un senso di sbalordimento e di raccapriccio che non perde mai chi si sia trovato almeno una volta a vederlo e ad assistere a certe scene. Non son le scene del comune di Agira per la medesima festa; ma nel loro genere non son da trascurare sotto l'aspetto sociale, religioso e psichiatrico.
Il Santo è nella sua chiesa. Gran numero di devoti entrano e gli si buttano ai piedi.
Notevoli tra tutti, quelli scalzi, spedati, che vanno ad offrire braccia, gambe, piedi ed altre parti del corpo umano in cera; più notevoli i nudi di Piazza, Barrafranca e di altri paesi, che, come quelli di Palagonia e di Melilli, vanno a scliogliere la prummissioni, cioè il voto.
Uno strano rumore di ferri che si urtano annunzia l'arrivo di un altro genere di devoti. Sono dei grandi penitenti, per lo più paesani, che trascinano pesanti catene impostesi volontariamente per ammenda di gravi falli o per ringraziamento di favori ricevuti, superiori ad ogni previsione.
Questo rumore si associa alle strida di povero isteriche, sedicenti o pretese indemoniate, le quali vengono spinte in chiesa, o dietro la statua in processione, o adagiate sulla macchina; e al confuso vociare di chi prega, scongiura, ringrazia, imprecano, gesticolano disperatamente.

- È la storia di molte feste, mi si dirà. - Sì; ma dove entrano queste povere nevrotiche, lo spettacolo assume aspetto assolutamente medievale, pur non mettendo in conto la scosse o le cadute della bara, la quale a giudizio dei devoti non vuole, ed a giudizio del non devoti non può camminare, portata com'è a spalla da gente un tantino, se non troppo, allegra, nè le colluttazioni tra le donne credute ammaliate, nè i parenti, nè i conduttori del Santo: questi, che vogliono rimuoverle dalla bara per far posto ad altre; quelle. riluttanti a farsi portar via, perché non guarite ancora; né lo sparo del mortaretti, nè gli evviva al Santo, nè lo strazio delle campane al passaggio dalle varie chiese.
E non è tutto. A completare il quadro mancano gli stendardi e gli apostoli portati dal contadini attorno al Santo.

Ma gli stendardi furono smessi e gli undici colossi di cartapesta giacciono abbandonati in un magazzino del comune, impediti di far corona all'apostolo. compagno e tutti gli inchini di ammirazione che ad ogni miracolo gridato dalla folla erano obbligati a fare. Rimane però sempre la divisione, o piuttosto l' assalto alle fave verdi, al fiori, alle spighe del grano state presentate al Santo, che si offrono e tengono per rendersi propizio S. Filippo. E si ripete anche qui la vista di un medico e di un sacerdote, i quali sulla macchina verificano le guarigioni, non pure, come altrove, degli erniosi, ma anche dei ciechi, dei sordo-muti, degli storpi, degli ammaliati, e se si tratta di bambini li lanciano come un pacco qualunque agli interessati, pronti a riceverli a braccia aperte.

Lasciamo il Santo a girare pel paese, tanto non potremmo raccogliere nessuno de' cento episodi che lo accompagnano, nè le numerose guarigioni che si decantano. Noi lo rivedremo l'ultima Domenica del mese, nella medesima ora che usci per la sua festa (12 m.), ricondotto fuori, posato per poco oltre l'abitato, nel piano d'un vecchio e diruto castello, dominare mezza Sicilia, e con la sua reliquia benedire i campi e i giardini e render prospere le messi e fruttiferi gli alberi, speranza di buoni raccolti."

I zaiaredd' - Le zagarelle

LE ZAGARELLE - I zajaredd'

Il ricordino che si riporta dal pellegrinaggio a San Filippo è un mazzetto di nastri colorati, legati in un fiocco, che i devoti passano sulle mani della statua o suo lembi del mantello e i più fortunati sul reliquiario: sono le zagarelle, i zaiaredd’ in dialetto, vendute dai ragazzi fin davanti alla porta della chiesa. Insieme al cero a cui in genere si legano rappresentano senz’altro il simbolo di San Filippo. Sembra siano da collegarsi all’usanza medievale dei brandea, pezzetti di stoffa che venivano a contatto con la reliquia e che in un certo senso la sostituivano in chi se li riportava a casa e li conservava gelosamente.

Nella mia foto le zagarelle sono interpretate da Lucia Todaro con una poesia "Lamp' e stamp'"

I zagareddi

Chi gioia a r’vëd i zagareddi!

Ha parùt com quanni carusgetti…

anâ giuàt a fer i mucciareddi!

“Piggh’m...Piggh’m… e port’m cu tì!

Don’m ad ê to amisgi…

ad a famigghia...ê canuscenti…

a cu scontri pâ via!..

‘mpur a ncorcungh’ ch’ tort’ t’ talìa…!

Dön’nu gioia, dön’nu l’grìa…

fanu vëd u culör d’ l’amicizia…

d’ dd’ culör ch’ nudd sa cuntè…

ma ch’ porta r’zzett unna iè iè.

A zagaredda parra d’ m’racû…

d’ paroddi veri… d’ sanastru.

Pr’ cöss m’ha v’nut na p’nzada…

nt’ sti giurnadi ch’ u mönn par sbrià…:

dasgiöma zagareddi a migghiara…

ch’ nan ggh’è cu r’sponn Nan m’ piasg’

e cui u sa… macari zira a pasg’!

Lucia Todaro 1 maggio 2022

Traduzione: I Zagareddi. Che gioia rivedere i zagareddi! È sembrato come quando i bambini giocano a nascondino. 'Prendimi prendimi e portami con te! Regalami ai tuoi amici, ai familiari, ai conoscenti...a chi incontri per strada...pure a chi sembra guardarti di traverso!' Danno gioia,allegria ...portano il colore dell'amicizia...quel colore che non si sa raccontare ma è capace di rasserenare qualunque luogo. I zagareddi parlano di miracoli...di parole di verità...di accoglienza, andando incontro a chi arriva. Per questo mi è venuta una idea...in questi giorni in cui sembra che il mondo sia alla fine... regaliamo nastrini colorati a chiunque...nessuno dirà di non gradirli...e forse potranno contribuire a fare trionfare la pace*.

(*L’autrice si riferisce chiaramente alla Guerra che da due mesi si sta combattendo nell’Ucraina aggredita ed assediata dai russi)

Restauri del 2019

San Filippo Apostolo di Aidone

Il 24 aprile del 2019, dopo un lungo ed accurato restauro viene riaperta al pubblico la cappella di San Filippo. Il restauro ha interessato tutta la cappella settecentesca che ha rivelato i magnifici stucchi realizzati tra la fine del Settecento e i primi dell'Ottocento, in parte perduti durante i lavori eseguiti nel 1902. Sono tornati alla luce nei loro corori origlinali gli stucchi della volta e delle parti alte delle pareti.  Nel 1902,  quando il piano della cappella fu ribassato, andarono persi quelli delle pareti inferiori sostituiti da bassorilievi opera di un artigiano barrese, Pasquale Massa, che narrano episodi della vita del Santo. In contemporanea sono state restaurate la cappella del Sacramento, ricavata negli anni ottanta del Novecento all'interno della medievale torre campanaria e una pala di legno raffigurante san Filippo Apostolo usata come porta della nicchia dove veniva conservato nel corso dell'anno il Santo. La porta è fornita di due serrature parallele le cui chiavi erano tenute dal due diversi responsabili che dovevano essere insieme per aprirla. 

L’ostensione delle reliquie di San Filppo e San Giacomo e la tradizione delle zagarelle

San Filippo Apostolo di Aidone

L’ostensione delle reliquie di San Filppo e San Giacomo e la tradizione delle zagarelle. 27.04/01.05.2018. L’arrivo dalla Basilica dei XII Apostoli di Roma delle reliquie di San Filippo e San Giacomo ha incentivato ancora di più il “viaggio” dei pellegrini del santo taumaturgo, facendo raggiungere numeri da record. Mi piace raccontarla con le parole di frate Agnello Stoia, Il parroco della Basilica che ha portato in Aidone le reliquie e che sulla pagina Facebook della basilica così la racconta ai suoi parrocchiani: “ Senza fare pubblicità, senza l’evento di un ’cantante famoso’ per la festa del paese... a chiamare tutti è san Filippo apostolo, è lui la silenziosa calamita che porta qui decine di migliaia di persone, come la sorgente dove sono nati attira i salmoni che risalgono la corrente. Una trentina di persone, tutti giovani che venivano da bambini con i loro genitori. Ora sono sposati con figli, vengono pellegrini come i loro padri e i loro nonni. E sperano che i figli raccolgano questa eredità di fede. Nicosia è a 65 km tagliando per i boschi (80 stradali) sono partiti ieri sera all’una e sono arrivati alle 16.30. Hanno portato un pane a forma di piede per onorare Filippo nella reliquia che ho portato da Santi Apostoli... Sono davanti alla chiesa ad osservare i pellegrini che arrivano di continuo. Tante famiglie con bambini piccoli, tanti giovani, anche anziani. Tutti con le “zigaredde” in mano (sono striscette di stoffa colorate, un retaggio dei brandea che i primi cristiani usavano come reliquie per contatto) o con lunghi ceri: se hanno ricevuto la grazia la zigaredda presa l’anno precedente viene legata al cero votivo. Alcuni baciano la soglia della chiesa, altri si tolgono le scarpe ed entrano a piedi nudi… Una donna mi abbraccia commossa. C’è l’ho fatta! Da dove vieni? Da Caltagirone. E quanti Km hai percorso? 40! ...Sono quasi le undici di sera e fuori al santuario c’è grande folla di gente che cerca di entrare. Mi dice don Carmelo, il parroco da cui sono stato invitato, che sarà così ininterrottamente, fino all’una di stanotte. Poi il fiume di pellegrini continuerà a scorrere ma più fluido, fino all’alba. Poi riprenderà a intensificarsi per tutto il giorno di domani, raggiungendo l’apice al momento della processione della statua del santo per le vie del paese”. É emozionante il racconto di chi con occhi nuovi assiste e cerca di spiegare. E così abbiamo capito, non credo che fossi l’unica ad ignorarla, l’origine delle zagaredde, zajaredd’ in aidonese, che lui chiama zigaredde, come chiamano nella Puglia Garganica i fazzoletti, le strisce di stoffa, i nastri, o interi vestiti e indumenti di neonati consacrati come vere reliquie nella grotta di San Michele del Gargano, similmente alle brandee, i pezzeti di stoffa o mucchietti di terra impregnati del sangue dei martiri che venivano conservati e a cui venivano attribuiti poteri miracolosi; la tradizione si protrae nel medioevo, l’epoca dei grandi pellegrinaggi quando i brandea diventavano il segno tangibile del proprio pellegrinaggio, una testimonianza del luogo santo raggiunto con tanta fatica. Per rispetto al titolo devo specificare che in questo terzo evento si registra solo il chiaro, aidonesi e forestieri hanno vissuto questo San Filippo nella pienezza della grazia, con sempre più entusiasmo e commozione. E allora Viva San Filippo Apostolo! E che finalmente la grazia la faccia anche agli aidonesi se non vuole che fra qualche anno ai suoi piedi giungano solo i forestieri! Franca Ciantia

San Filippo Apostolo - la visita delle reliquie romane

San Filippo Apostolo di Aidone

AIDONE 25 APRILE 2018

Un evento eccezionale attende quest’anno i tantissimi pellegrini che da tutta la provincia e oltre si apprestano al pellegrinaggio a San Filippo di Aidone: troveranno ad accoglierli un reliquia del Santo che nell’offrirsi alla loro venerazione racconterà quasi due mila anni di storia, della storia di un santo tanto amato non solo in tutto il mondo cattolico ma anche in tutte le altre chiese cristiane.

Il parroco di Santa Maria La Cava, la chiesa che in Aidone ospita la cappella santuario di San Filippo, u Niru, come qualcuno lo chiama a causa del colore nero con cui si presenta nelle parti scoperte, viso e mani; il parroco Don Carmelo Cosenza, trovandosi a Roma e avendo visitato la basilica dei Dodici Apostoli, dove dall’autunno del 2016 sono esposte le reliquie, ne ha fatto richiesta al parroco don Agnello Stoia; in via del tutto eccezionale il Vicariato di Roma ha dato il nulla osta affinché la preziosa reliquia di San Filippo sia portata in Aidone, direttamente dal Rev, Stoi, per il prossima festa.

La reliquia attribuita a San Filippo consiste in un piede che porta evidenti segni del chiodo da crocifissione, compatibili con la tradizione che vuole che San Filippo sia morto da martire, crocifisso a testa in giù. In occasione della ricognizione ordinata da Papa Francesco nel 2016 oltre al piede di San Filippo e un grosso frammento di femore attribuito a San Giacomo Minore, sono presenti frammenti di osso e denti e le ceneri di tessuti appartenenti ai paramenti.

San Filippo Apostolo di Aidone

Le reliquie giunsero a Roma nel VI secolo, da Costantinopoli, per volere di Pelagio I (Papa dal 556 al 561) che li volle custodite nella basilica che lui stesso fece costruire intitolandola ai Santi Apostoli. Da allora hanno avuto la loro tomba nella cripta; qui sono state sottoposte a ispezione nel 1879 e appunto nel 2016. Nel corso di questa ultima ispezione sono state adoperate le tecniche più sofisticate che hanno dato conferma della loro veridicità storica, del fatto cioè che le ossa risalgano alla fine del primo secolo. Secondo la tradizione San Filippo morì nell’ottanta a 85 anni, l’età veneranda non gli risparmiò il terribile martirio sotto l’impero dei Flavi, la sua fama di guaritore era già molto diffusa, anche mentre era ancora in vita e la sua tomba a Hierapolis fu meta di pellegrinaggio da tutto il mondo cristiano ancora nel medioevo, quando la città era stata abbandonata e le sue ossa erano state trasferite prima a Costantinopoli e poi a Roma. Delle tomba si erano perse le tracce e molti archeologi l’avevano cercata tra le rovine di Hierapolis, in Turchia dove invece era stato individuato il Martyrion. Solo nel 2012 il professore Francesco Andria, che a a capo di una missione archeologica aveva condotto per anni degli scavi a Hierapolis, la capitale dell’antica Frigia, comunica al mondo di avere trovato la Tomba di san Filippo al centro di una Basilica a tre navate rifinita e decorata in modo molto raffinato e cosa ancora più straordinaria la scoperta di tutto un complesso di edifici sacri, lavacri, alloggi per i pellegrini, un’ampia strada processionale, insomma un complesso archeologico che occupa un’intera collinetta tutta dedicata al culto del santo il cui nome più volte ricorre bnei graffiti ritrovati

Un’altra coincidenza: Aidone festeggia da sempre San Filippo il primo maggio, in questa data si celebra la traslazione delle reliquie nella basilica dei santi Apostoli, avvenuta durante il pontificato di Giovanni III, il successore di Pelagio, papa dal 561 al 574. Anche quando la chiesa cattolica assegnerà definitivamente il 3 maggio alla festa dei due apostoli, Aidone continuerà a farlo il primo maggio come ha fatto da sempre. l'articolo su Vivienna.it 

Testimonianza di don Agnello Stoia il Parroco della Basilica Dei dodici Apostoli

San Filippo Apostolo di Aidone

I brani sotto riportati lsono i testi dei post pubblicati da don Agnello mentre si trovava in Aidone

Sono quasi le undici di sera e fuori al santuario c’è grande folla di gente che cerca di entrare. Mi dice don Carmelo, il parroco da cui sono stato invitato, che sarà così ininterrottamente, fino all’una di stanotte. Poi il fiume di pellegrini continuerà a scorrere ma più fluido, fino all’alba. Poi riprenderà a intensificarsi per tutto il giorno di domani, raggiungendo l’apice al momento della processione della statua del santo per le vie del paese.

Per far scorrere in modo ordinato e composto questa devota processione di fedeli che vogliono vedere il santo, toccarlo, porre sulla sua statua le ‘zigaredde’ da tenere con sè, in casa, in auto..., il santuario è stato per metà sgombrato di ogni cosa, persino delle porte. Sono infisse nel pavimento delle transenne ricoperte di drappi che creano due corridoi che vanno verso il santo. A metà sono poste le reliquie che abbiamo portato da Roma, poi la statua che tutti vogliono - e possono - toccare, baciare... alcuni volontari sollevano i bambini e li presentano a Filippo, o raccolgono dai fedeli le zigaredde per passarle sulle mani dell’apostolo. 

Più avanti c’è lo spazio dove si possono bruciare i ceri mentre sulla parte opposta si può uscire da una porta laterale. Poi, in quel che resta del santuario, ancora ci sono in banchi dove i fedeli che desiderano si possono fermare per partecipare alla messa. Come si riempie di pellegrini ne inizia una. Anche poco fa...

C’è poi qualche altro piccolo spazio del santuario dove i pellegrini possono riposare un attimo e rinfrescarsi, usare i bagni. Tutto è a loro servizio. 
Mi dice don Carmelo che il paese intero si mobilita per dare assistenza ai pellegrini.

Non saprei da dove cominciare... Raccontarvi di Aidone, delle bellezze della Sicilia, di quest’aria pulita, del verde circostante, della storia degli italici dei greci dei romani... qui c’è tutto, anche l’eccellenza: a due passi la villa del casale romano di Piazza Armerina; la città di Morgantina, con la sua Venere (o piuttosto Demetra). Ma non sono venuto qui per questo. E queste bellezze ho potuto ammirarle, rubarle in fretta, grazie alla calorosa e accogliente ospitalità dei due parroci di Aidone, don Carmelo e don Massimo, ad Angela Rita che ci ha fatto da guida, ad Anna e Paola che ci hanno accompagnato e hanno cucinato divinamente... in fretta prima che arrivasse il fiume di pellegrini, un appuntamento annuale atteso come una piena stagionale. 

Senza fare pubblicità, senza l’evento di un ’cantante famoso’ per la festa del paese... a chiamare tutti è san Filippo apostolo, è lui la silenziosa calamita che porta qui decine di migliaia di persone, come la sorgente dove sono nati attira i salmoni che risalgono la corrente.

Una trentina di persone, tutti giovani che venivano da bambini con i loro genitori. Ora sono sposati con figli, vengono pellegrini come i loro padri e i loro nonni. E sperano che i figli raccolgano questa eredità di fede. Nicosia è a 65 km tagliando per i boschi (80 stradali) sono partiti ieri sera all’una e sono arrivati alle 16.30. Hanno portato un pane a forma di piede per onorare Filippo nella reliquia che ho portato da Santi Apostoli. Il gruppo partecipa poi alla messa: abbiamo cominciato a celebrare a turno dalle quattro del pomeriggio, ininterrottamente, un gruppo va e uno viene, un prete celebra e gli altri confessano.

I pellegrini portano dei pani come ex voto, li fanno a forma di persone. Il pane è poi distribuito agli altri pellegrini: ognuno ne ha un pezzo ricordando il miracolo della moltiplicazione.

Sono davanti alla chiesa ad osservare i pellegrini che arrivano di continuo. Tante famiglie con bambini piccoli, tanti giovani, anche anziani. Tutti con le “zigaredde” in mano (sono striscette di stoffa colorate, un retaggio dei brandea che i primi cristiani usavano come reliquie per contatto) o con lunghi ceri: se hanno ricevuto la grazia la zigaredda presa l’anno precedente viene legata al cero votivo. 
Alcuni baciano la soglia della chiesa, altri si tolgono le scarpe ed entrano a piedi nudi...

Una donna mi abbraccia commossa. C’è l’ho fatta! Da dove vieni? Da Caltagirone. E quanti Km hai percorso? 40!

Mentre sto per pubblicare questi flash, così come mi vengono, arriva un gruppo di persone da Piazza Armerina con delle forme di pane. Ex voto, due hanno forma di persone, una più grande raffigura una donna con un pendente a forma di cuore, poi un pane che raffigura una coppia di reni, un piede, una pancia...

Se non faccio in tempo a pubblicare questo post - con non so quante foto a corredo - mi sa che arriva un altro gruppo con qualcosa di speciale che attiri la mia attenzione, qualche pellegrino con una storia particolare...

Tra poche ore sarò di nuovo in viaggio con Filippo e Giacomo... da quando è stata fatta la ricognizione è come se avessero di nuovo fretta di rimettersi in cammino: essi si aprono strade, in ogni direzione. A Oriente (Smirne), a Occidente (Montevideo), adesso a Mezzogiorno: Aidone, un piccolo paese nel cuore della Sicilia. 
Domani ancora in viaggio per portare a migliaia di fedeli le loro reliquie (il piede di Filippo e il femore di Giacomo). Anche le loro ossa, segnate dallacorruzione della morte, annunciano con forza la resurrezione del Signore! Mi domando a quanti cuori semplici parleranno, quante preghiere ascolteranno, quanta gente consoleranno, quanti cuori induriti scioglieranno...

Organizzando i file della ricognizione non sapevo come archiviare la documentazione di queste attività... ho chiamato la cartella “Le vie degli apostoli”. Loro aprono sentieri, loro li percorrono, loro spalancano porte... Arrivano richieste che paiono assurde, si ottengono permessi inaspettati, si risolvono tutti i problemi che avevi messo in fila uno per uno... Aidone è l’ultimo esempio.

Io? Sono semplicemente il parroco di Santi Apostoli, a servizio di Filippo e Giacomo 

P.S. Sapete quale è il codice identificativo della nostra parrocchia qui a Roma? 007

Testi Collegati a San Filippo

A festa du Sanastru?

Giuseppe Pitrè nella monumentale opera "Feste patronali in Sicilia" ci racconta che:

"Gli abitanti di Piazza motteggiano gli Aidonesi per questa insigne festa, e lo fanno dicendo loro: Sanástuu? (siete voi guarito?)* motto con che si richiamano ai mali di crepatura, pei quali s'invoca l'aiuto miracoloso del Santo; e non v'è dubbio che si vuole con ciò prendere per isbonzolati quei paesani." (* R. ROCCELLA, Vocabolario della lingua parlata in Piazza Armerina, p. 229. Caltagirone. 1876.)

Lucia Todaro che a questo motto dedica una poesia  mi dice che i piazzesi motteggiavano così i loro compaesani che innumerevoli facevano il “viaggio” a San Filippo per impetrare grazie; al loro ritorno, attesi alle porte del paese li apostrofavano con la domanda "Sanastru?", che diventava un tormentone per tutta la giornata fino al punto di farla ricordare, sia da Ignazio Nigrelli che dal poeta Pino Testa, come A festa du sanastru.

Di seguito la poesia di L. Todaro e una nota di Gaetano Masuzzo cultore di storia e cultura armerina. 

Sanastru?  (di Lucia Todaro)

Sanastru
È na parodda
ch' nan s' sent ciù...
Na parodda d' brï...
d' cunt' ntëzza...
d' giö...d' libertà ...
bonavulènza..
fidi e sp'ranza.
Ma aöi ch' simu tutti
mësi ô cant...
viàdi muti
com ad â strania...
sta paròdda
com a na puisìa...
mparada d' carusgi...
s'avëssâ r'p'gghiè
cu tanta bramusìa:
Sanastru...sanastru...
' nt sta prima d maiu...
n ' putöma sauvè!

* la poesia è stata scritta da Lucia Todaro il 1° maggio del 2021 nel pieno dell’isolamento e della sospensione di tuttI i festeggiamenti a causa della Pandemia di Corona virus.

TRADUZIONE:  Sanasti? sei guarito? è una parola che non si sente più. Una parola di brio, di contentezza, di gioia, di libertà... benevolenza, fede , speranza. Ma oggi che siamo tutti costretti in un angolo, abbandonati, muti , senza un rifugio... questa parola come una poesia imparata da bambini si dovrebbe riprendere con tanto desiderio: Sei guarito, sei guarito? in questo primo di maggio... ci potremo salvare!

“A festa du sanastru” Ignazio Nigrelli in Gaetano Masuzzo  (01 Maggio 2013)

Oggi tanti Piazzesi faranno il viaggio di pellegrinaggio a San Filippo Apostolo. Era tradizione, oggi un po' meno, portarsi in ricordo da Aidone 'na zagarèdda (nastro colorato) di cui ne vediamo 'ngiùmm (un mazzo) in primo piano nella foto. Il prof. Ignazio Nigrelli nel suo libro "Piazza, l'ambiente naturale" (1989 - p. 188) ci fa sapere che: “Il primo maggio, infatti, è consacrato a San Filippo Apostolo, patrono della vicina Aidone, ma oggetto di particolare venerazione in tutta la Sicilia centro-meridionale, per cui migliaia di devoti quel giorno percorrono a piedi, e talvolta scalzi, fino a trenta o quaranta chilometri per andare ad invocare qualche grazia o per ringraziare il Santo di averla ricevuta. Piazza Armerina nel passato partecipava maggiormente all'atmosfera festiva della città vicina, non soltanto con i suoi pellegrini, ma anche installando lungo la strada della Bellia fino al bivio per Aidone decine di bancarelle a disposizione delle migliaia di fedeli che facevano u viaggiu a S. Fulippu attraversando o sfiorando la città e non mancavano le frotte di buontemponi che esercitavano il loro spirito mordace a danno dei contadini, specialmente di Barrafranca, che facevano il viaggio per farsi curare dal santo l'ernia di cui erano affetti. -"Sanastru?"- chiedevano loro ridacchiando con espressione in dialetto piazzese per altri poco chiara che, derivando da sanst'vu, significava "Vi siete sanati", cioè "guariti?", ma alludeva anche all'altro senso della parola siciliana "sanari" presente nell'espressione "sanari u maiali"¹. Da ciò il nome di festa du sanastru con cui si ricorda ancora oggi tale giornata, anche se non sono molti ormai che ne capiscono il significato originario ”. ¹ In siciliano Sanari = Castrare.

https://www.cronarmerina.it/come-eravamo/tradizioni/item/651-a-festa-du-sanastru

GIROLAMO GIUSTO: San Fulippu

*** SAN FULIPPU

San Fulippuzzu lu Casaluttaru,

'ntisu lu Lupu nni lu tò quarteri,

com'è ca fu ch' a Chiazza ti purtaru

e no a Daduni ? E tu chi fa... nun c'eri ?

      Ed anni ed anni e sèculi passaru,

ma tu ristasti sempri forasteri;

e torci e "gioj" ammàtula 'bbunnaru,

sempri a Daduni va lu tò pinseri.

       E quannu sì, pi la tò festa, juntu

ddà davanti a la Cruci di San Petru,

chianti li pedi e resti nni ddu puntu.

       Poi ti risolvi e cerchi di scappari

Daduni è ddà e nun voi turnari 'ndietru...

L'amuri anticu nun si pò scurdari !

(Girolamo GIUSTO, Chiazza li so campagni e la cugghiuta di li nuciddi, Catania 1937)

*La statua di S. Filippo di Piazza si riferisce a San Filippo d'Agira (Tracia 405 ca.-Agira 468 ca.) detto anche "u niuru", "u cacciaspiriti" e, a Piazza, "u massèr", il massaro, per essere il protettore dei lavoratori dei campi. Quello venerato ad Aidone è, invece, San Filippo Apostolo, nato a Betsaida e morto a Hierapolis nel I sec. d.C.
**La croce di S. Pietro era anche l'ultima fermata per i cortei funerali che allora si effettuavano esclusivamente a piedi. 
***Secondo me è il diminutivo di Fulipp'.

Gaetano Masuzzo da http://cronarmerina.blogspot.com/2014/05/il-nostro-s-filippo.html

(TRADUZIONE: San Filippo del Casalotto, conoscoito come il Lupo nel suo quartiere, come avenne che ti portarono a Piazza e non in Aidone. E tu che facevi? non c'eri? Ed anni ed anni e secoli passarono e tu sei rimastao sempre forestiero; e torce e gioie inutilmente abbondarono per te, ad Aidone va sempre il tuo pensiero. E quando sei, per la tua festa , arrivato davanti alla croce di San Pietro, pianti i piedi e resti fermo in quel punto. Poi ti convinci e cerchi di scappare. Aidone è là e non vuoi tornare indietro... L'amore antico non si può dimenticare!

TEODORO FERRERI: San Fulipp'

Teodoro Enzo Ferreri ci regala questa poesia sulla festa San Filippo per aiutarci a viverla almeno nel ricordo. Egli guarda la festa con gli occhi di uno dei tanti venditori che "salgono" in Aidone, in occasione della festa per vendere la loro mercanzia, a "t'rragghja". Grazie a Teodoro.
SAN FULIPP’
Agg’ ura ntenziungh’
Ch-àma pàrt’r p’ Aidùngh’
gghj-è a festa d’ san Fulìpp’ u prim’ magg’,
fasgiùma lest’, iarmum’n d’ curagg’,
carriùma tutt-a t’rràgghja, bummul’, quarter’, fr’scalett’, scuidd’, p’gnatt’ e nsalater’.
È un pais’ sp’rdùit e scunghj’dùit’,
suu pa festa d’ san Fulipp’ canusciùit’.
Priparùm’n pu fridd’ ch-amma p’gghjèr’,
gghj’ vò timp’ p’ putìr’s’l scurder’.
Datt’ vers’, ncurrìnn’ Lar’nzedda,
carrìa maccar’ a frazzaredda.
Da Giacumin’ u ddasciùma p’ uardiangh’
P’rchì n’ purtuma maccàr’ u cangh.’
G. -“Ija nan vogghj’ propria rr’ster’
zzà, nan gghj-è nint’ d’ ruber’,
tutt’ cuu ch-amm’ buscàit’
simpr’ apprèss’ n’ l-amm’ purtàit’,
suu i quattr’ mur’ àn-a rr’stèr’,
sa qualcungh’ si vò purter’.
Nan rrest’ manch’ sa m’ tacch’ do pè du pir’,
gghj’ dumannài na grazia a stu sant’ nir’
ng’nuggiait e cu bastungh’,
uai sa nan r’spitt’ a mpr’m’siungh’.
U sant’ à stait’ simpr’ p’ forestir’,
de paisai nan l-à mai fait r’cchìr’.
P. – Dài, ncurrìn’, cum’nzuma a carrièr’,
tutt’ trìj’ ncav’ u carrett’,
n’ fasgiuma carruzzier’.
Gghj-er’n tant’ ggint’ ch’ cam’nàv’n,
a mpr’m’siùngh’ r’sp’ttàv’n,
èr’n scauz’, rr’p’zzar’ e tutt’ sgarrunar’,
parìv’n pòv’r d’sgraziar’.
G. – “Ma ch’ sun’ tutt’ s’ prìj s’st’mar’
ncav’ na punta d’ muntagna g’ccar?”
P. - Nan sun prìj cuss’ ma cas’ fabriccar’,
su ddà iaut’ ncuddar’ e nan pon ess’ spustar’,
cuss’ è Aiddungh’, ormai sim’ da rr’vàra
U cavadd’ ch’ sbuffava, buscà na bach’ttàra.
D-accuscì rr’vam’ stanch’ e mort’ d’ fam’,
d’ fridd’ e n’ fasgìv’n mau maccàr’ i iamm’.
Nan gghj-era post’ no fùnn’ch’ da Budedda
n’ vòss’m cunt’nter’ d’ na vanèdda
a tutt’ bann’ gghj-èr’n ggint’ nterra cuccar’:
er’n i puv’redd’, n’tila e mal’ cumm’nar;
niatr’ trìj’ mbrazzar’ nan pòt’m caudier,
a nuitàra fu un lamp’ da passer’.
Pa festa v’nìvìn d’ tutt’ i pais’,
no cciàngh’ gghj-era un paradis’,
Aiddungh’ nan s’ canusciva ciù,
s’ v’stìv’n d’ nuv’ maccàr’ i mù,
gghj-èra ogn’ specia d’ m’rcanzìja
e tutt’ i ggint’ zz’rcàv’n all’grìa,
u paisìt’ era v’rsàit a festa
e, suu a talièr’, s’ pirdiva a testa.
Tant’ gint’ er’n scauz’ e a g’nuggiùngh’,
p’ fer’ p’n’tìnza s’ battìv’ cu bastungh’,
e s’ purtàv’n davant’ u sant’ a strasc’nungh’,
u fasgiv’n p’ mpr’m’siungh’!
Na chiesa nan s’ putìva r’sp’rèr’
ma tutt’ gghj-àv’na tras’r p’ talièr’;
tra fum’ di ntorc’ e ncinz’j brusgiàit’,
s’ n’ n’scìv’n dop’ ch-o sant’ àv’n tuccàit,
a usg’ fort’ l-àv’na cciamer’,
a zzaiarèdda gghj-av’na str’jèr’:
Iu simpr’ ferm’ e a post’ s’ n’ stasgiva
e fasgìva finta ch-e usg’ nen sintìva.
Quann’ rrivà l-ura d’ fer a f’rriàra,
un rùful di confrat’ u carrià ncav’ a bara
e, quand’ u stàu a dir’, era già fura.
Tutt’ i gint’ s’ gghj’ rrutàn’ ch’ tanta cura,
a banna e i tamurrìj èr’n pront’ p’ sunèr’
e tutt’ i bumm’ ièr’n a post’ p’ sparèr’,
nan s’capìva nint’, gghj-era gran’cunfusiùngh’
tutt’ u vulìv’n tucchèr’ p’ d’vuzziùngh’.
Sutt-a bara paisài nan gghj’n-era suu ungh,’
sul’ i frustìr’ ch-àv’n fait a mpr’m’siùngh’.
Darrìra gghj-era na proc’ssiungh’
ntorc’, ggint’ scauz, fasgiva mpressiungh’
Tutt’ d-on copp’ a bara a fis’n f’rmèr’
ma i gint’ ndarrira nan voss’n c’ssèr’
Prima d’ p’gghjèr’ a p’nn’nàra
ccianàn’ un criatùr’ ncav’ a bara;
a pòv’ra iarmùzza nan putiva rr’sp’rè
s’ ddam’ntàva, ma nan putiva parrè,
ntra usg’, bummiar’ e tamurrìngh’
nan s’ dasgìva aiùt’ o pov’r sc’ ntìngh’,
dop ch’ u Sant’, ns’nalmint’ ava tuccàit,
u sc’nnìn’ nterra tutt’ ntabaccàit’,
ma simpr’ u stiss’ ava rr’stait’.
San Fulìpp’ u viagg’ su fis’ timp’ nint’
e no ciangh’ fu sùb’t pr’sìnt’
ancùra quattr’ bumm’ gghj’ vòss’n sparèr’
e na so chiesa u nnan’ a sarvèr’.

Ferreri Teodoro

 

Traduzione: Ho adesso intenzione di partire per Aidone, c’è la festa di San Filippo il primo maggio, facciamo presto e armiamoci di coraggio, carichiamo tutta la terraglia, anforette, anfore, fischietti, scodelle, pentole e insalatiere. E’ un paese disperso e sconclusionato, solo per la festa di San Filippo conosciuto. Prepariamoci per il freddo che ci prenderemo, ci vorrà tempo per poterlo dimenticare. Datti forza subito Lorenzina, carica anche la coperta. A Giacomino lo lasciamo per guardiano, perchè ci portiamo anche il cane.
G. - Io non voglio proprio restare, qui non c’è niente da rubare, tutto quello che abbiamo guadagnato ce lo siamo portati sempre appresso. Solo le quattro mura devono restare, se qualcuno li vuole portare. Non resto neanche se mi leghi all’albero del pero, ho chiesto una grazia a questo santo nero, inginocchiato e con il bastone,
e guai se non rispetto la promessa. Il santo è stato sempre per i forestieri, i paesani non li ha fatti mai arricchire.
P. - Dai subito, cominciamo a caricare tutti e tre sul carretto e ci facciamo scarrozzare!
C’erano tante persone che camminavano la promessa rispettavano, erano scalzi, pieni di toppe e con le calze rotte, sembravano poveri disgraziati.
G. - Cosa sono tutte queste pietre sistemate, sopra la punta della montagna buttati?
P. - Non sono pietre ma case fabbricat, in alto incollate e non possono essere spostate. Questo è Aidone, ormai siamo arrivando. Il cavallo che sbuffava prese una bacchettata. Così siamo arrivati stanchi e morti di fame, per il freddo ci facevano male anche le gambe. Non c’era posto nel fondaco della Budello, ci siamo dovuti accontentare di un vicolo. appertutto c’erano gente in terra coricati i poveracci erano semi nudi e combinati male. Noi tre abbracciati non siamo riusciti a riscaldarci.
N.  La notte passò in un lampo. Per la festa venivano da tutti i paesi, in piazza c’era un paradiso, Aidone non si conosceva più, vestivano di nuovo anche i muli, c’era ogni specie di mercanzia, tutti cercavano allegria, il paesello era vestito a festa e solo a guardare si perdeva la testa. Tante persone erano scalze e in ginocchio, per fare penitenza si battevano con un bastone e si portavano davanti al santo trascinandosi,
lo facevano per voto! Nella chiesa non si poteva respirare, ma tutti dovevano entrare per guardare; tra fumo di torce e incenso bruciato, se ne uscivano dopo che il santo avevano toccato, a voce forte dovevano chiamarlo, e la zagarella gli dovevano strusciare. Lui sempre fermo e al suo posto se ne stava, faceva finta che le grida non sentiva. Quando arrivo l’ora della processione, alcuni confratelli lo caricarono sulla bara e il tempo di dirlo era già fuori: tutta la gente si mise attorno con grande devozione, la banda i tamburi erano pronti per suonare, e i petardi erano a posto per sparare. Non si capiva niente c’era una grande confusione, tutti volevano toccarlo per devozione. Sotto la bara di paesani non ce uno, solo i forestieri che avevano fatto la promessa. Dietro c’era una processione: torce, gente scalza faceva impressione. 
Tutto ad un tratto la bara fecero fermare, ma la gente non volle indietreggiare.
Prima di prendere la discesa misero sulla bara un malatino, la povera anima non poteva respirare, si lamentava e non poteva parlare; tra grida, petardi e tamburi
non davano aiuto al poverino, dopo che il santo finalmente aveva toccato lo scesero a terra stordito, ma sempre uguale era rimasto. San Filippo il viaggio lo fece in poco tempo e in piazza fu subito presente, ancora quattro petardi gli vollero sparare
e nella sua chiesa lo andarono a conservare. Ferreri Teodoro

VINCENZO CORDOVA: Liborij e a festa d' san Fulipp'

Liborij e a festa d' San Fulipp'