CICERCHIA: polenta e dintorni

La cicerchia. In Aidone ieri si coniugava solo come polenta ma oggi è l'ingrediente per ottimi dolcini e pietanze

La cucina tradizionale aidonese era una cucina abbastanza povera, basata soprattutto sul consumo di carboidrati, soprattutto pane e pasta, e di verdure coltivate, cavoli, carciofi, zucche e zucchine, o  spontanee come tutte le erbe commestibili nella cui ricerca i contadini, e soprattutto le donne, erano molto esperti: finocchietti e cicorie tra i più graditi…

Nelle carestie o in tempo di guerra, quando diventata problematico procurarsi la farina di grano, ci si dubbava di frasquatul’.  In Aidone con questo termine si intendeva la polenta di cicerchia, un legume (Lathyrus sativa) di poco pregio che veniva consumato solo macinato, dopo averlo sottoposto ad un processo di lavaggio, asciugatura e tostatura in forno. Nel resto d’Italia viene utilizzato come legume dopo una lunga preparazione, almeno tre giorni di ammollo. Non so se fossero conosciuti gli effetti nocivi che il consumo prolungato poteva provocare, prima di tutto il latirismo, una malattia che attacca il sistema neurologico.

“Oggi che si mangia? - Fave e frasquatul’” era il ritornello ricorrente. Forse c’era questo motivo dietro la disponibilità dei miei zii che a me bambina, che ne andava particolarmente ghiotta, permettevano che mi scegliessi il piatto più grande. Noi che eravamo bambini negli anni cinquanta conserviamo tra i ricordi più vivi il momento della cottura della polenta, il travaso nelle decine di piatti allineati sul tavolo e l’attacco del pentolone! Prima di affondare il proprio cucchiaio nel piatto bollente, si grattava a cucchiaiate tutti insieme la polenta che restava rappresa alle pareti e al fondo della pentola. I piatti erano tanti perché se, mangiarla calda accompagnata dal pane, sostituiva il primo. Ma la vera goduria era quella fritta. Si lasciava addensare, almeno per un giorno, e poi, tagliata a fettine sottili ed infarinata, veniva fritta. Per decenni era stata quasi abbandonata, ma la mia generazione, che l’aveva vista come una bontà e non un ripiego, l’ha recuperata e riportata in tavola come un trionfo della gola: nel frattempo però la sua coltivazione non era più una risposta alla carestia ma si era trasformata in un prodotto di nicchia. Risultato, il suo costo oggi è almeno dieci volte superiore a quello della farina di grano duro. Per alcuni anni nelle scuole aidonesi è stata argomento di ricerca, nell’esplorazione delle tradizioni le si è data pari dignità del dialetto e dei beni culturali, ne è nato un libretto dove sono raccolte tutte le ricette in cui la farina di cicerchia è stata utilizzata per preparare veri manicaretti; oggi i ristoratori la propongono camuffata in tortini  o in sostituzione delle più famose panelle; nella pasticceria di fronte al Museo Archeologico, i proprietari, tedeschi, ne hanno fatto gustosissimi frollini! Io continuo a preferirla la polenta calda, cotta in brodo di finocchietti e aromatizzata con spicchi di aglio intero, appena riscaldato in abbondante olio di oliva. Solo così e ancor più nelle frittelle viene esaltato tutto il sapore e il profumo ancora selvatico di questo legume che gli aidonesi giammai mangeranno in una minestra, al pari di ceci o fagioli!

LA RICETTA DELLA POLENTA DI CICERCHIA
IngredientI: Poco più di un etto di farina per un litro di acqua, finocchietti selvatici o cavoletti (muzzatura), aglio, olio, sale e pepe.

Come si fa: Portare l’acqua salata a ebollizione e mettere un pugnetto di finocchietti selvatici tagliuzzati o le infiorescenze dei cavoletti. Lasciarli cuocere (pochi minuti i cavoletti un po’ più i finocchietti) a metà cottura, quindi raffreddare con un bicchiere d’acqua fredda e portare la fiamma al minimo; versare a pioggia la farina di cicerchia rimestando con una frusta e facendo attenzione che non si formino grumi. La quantità di farina suggerita è indicativa, continuare a metterne fino a quando si raggiunge la consistenza desiderata (un po’ più consistente se si vuole friggere) e riprende il bollore; far cuocere per un quarto d’ora circa; intanto soffriggere in abbondante olio di oliva l’aglio che non deve prendere colore, aggiungere alla polenta e rimestare per amalgamarlo bene; è sempre bene fare una prova piatto: versare una cucchiaiata in un piatto appena inumidito, la polenta si deve quasi staccare, assaggiare ed eventualmente aggiustare di sale. Spegnere e versare nei piatti.

Mangiare così com’è, con un po’ di pepe o peperoncino, oppure accompagnata da salsiccia o coniglio selvatico cotti in un ragù di pomodoro.

È gradevolissima fritta: lasciarla raffreddare nel piatto per almeno 12 ore, nel frigo può restare anche due o tre giorni, capovolgere sul tagliere, farne delle fettine, più sono sottili più risulteranno croccanti, infarinarle con farina di grano duro o con la stessa farina di cicerchia e friggere in un velo di olio caldo. Asciugare sulla carta e poi mangiarla: il suo gusto cambierà, ottimo mangiate caldissime, buone fredde.

 

Una famiglia tedesca valorizza i prodotti locali e propone un originale connubio della cucina siculo-tedesca

Come accennavo sopra, a valorizzare questo nostro prodotto, utilizzandolo in diversi contesti gastronomici è stato un tedesco, Andreas, il proprietario del bar “La piazzetta del Museo”, sito appunto di fronte al Museo Archeologico di Aidone, nella piazzetta Torres Truppia. Andreas si è specializzato in una pasticceria originalissima, che coniuga la tradizione tedesca a quella siciliana. Alla ricerca di prodotti tipici locali si è imbattuto in questo legume, la cicerchia, che ha proposto in ricette della tradizione, rivisitate a modo suo. Ne sono venuti fuori dei gustosissimi frollini che hanno anche il vantaggio di essere privi di glutine; lo stesso per la torta alla cicerchia e ricotta, in cui la frolla a base di farina di cicerchia è accompagnata dalla gustosissima ricotta aromatizzata all’arancia e pistacchio e poi la pasta fresca di cicerchia, e la vendita diretta della farina e del legume. Oltre alla cicerchia, Andreas si è cimentato anche in altre arditezze, che hanno incontrato il favore dei buongustai, come i gelati all'olio di oliva, al carrubo e alla manna siciliana, le marmellate. E poi tantissime torte della tradizione tedesca come la käsekuchen, le torte allo yogurt e molte varianti al cioccolato. 

2008

DALL'ESPERIENZA SCOLASTICA NUOVE PROPOSTE DI USO 

Nell’ambito di un progetto di studio, svolto nel 2008, dagli studenti e professori dell’Istituto Comprensivo “F. Cordova”, in collaborazione con l’ESA , l’Università degli Studi di Catania e la Stazione Consorziale Sperimentale di Granicoltura per la Sicilia di Caltagirone, è stato pubblicato un prezioso libretto “La Cicerchia, tra storia, cultura e innovazione”. La parte prettamente scientifica e tecnica del libretto è accompagnata da una ricca appendice di ricette di piatti, cucinati con la farina di cicerchia, in cui cui si sono cimentati i ragazzi e le loro famiglie, i ristoratori di Aidone, in cui la farina o il legume cicerchia è andata a sostituire altri legumi o addirittura farine di cereali. Dall’antipasto al dolce sono stati decine i piatti: dalle crepes alla polenta variamente pasticciata, dalle zuppe, gli gnocchi alle tagliatelle, dalle alle polpette ai crostini ai dessert: crostini, budini, crespelle, crostate…. Purtroppo ben poco si è salvato di questa esperienza se non la pubblicazione, erano poi così buoni tutti questi piatti originali ed alternativi?