Mercoledì Santo: "U signur' a mucciun'"

Aidone aprile 2019. Riprende integralmente la tradizione del Mercoledì Santo, chiamato dagli aidonesi “U Signur’ a mucciun’ o U signur’ rubàt”. Una tradizione al centro di dispute infinite tra la confraternita dell’Annunziata e i parroci. Padre Felice Oliveri e prima di lui padre Giuseppe Vinci, Vangelo alla mano, contestavano la tradizione dell’esposizione della statua del Cristo (la stessa che il Venerdì sarebbe stata inchiodata sulla Croce) la sera del mercoledì per la venerazione ed il bacio rituale. I fedeli, pur essendo consapevoli di questa strana cronologia, vi erano molto affezionati ed accorrevano in massa, nella tarda serata, nella chiesa Madre per pregare, ascoltare le omelie e sopratutto baciare la statua tanto amata. Don Felice Oliveri ad un certo punto decise che questa tradizione non poteva più essere tollerata per cui consentì ai confratelli di esporre il Cristo nell’oratorio dell’Annunziata, dove veniva custodito tutto l’anno, la sera del mercoledì, e poi, sul far della notte, coperto di un lenzuolo veniva trasportato nella Chiesa Madre dove sarebbe stato il protagonista delle funzioni del Venerdì Santo: “A scisa a cruci” e la suggestiva processione notturna.

Nel 2006, nel pieno della contesa, con le amiche dell’A.D.A. organizzammo un incontro pubblico, che si tenne nei locali della Proloco, a cui si invitarono i cittadini, soprattutto anziani, per raccontare i loro ricordi sul Mercoledì santo con l’intenzione di ricostruirne la storia e cercare di comprenderne il senso e la sostanza. La partecipazione di persone che erano state testimoni dirette ci permise di farcene un’idea e di trarne le somme. Questo che segue è la breve relazione che ne feci.

"U S’gnur’ a mucciungh’ o U S’gnur’ rubat"  Perché?

Aidone 8 aprile 2006. La sera dalla chiesa dell’Annunziata parte un corteo mesto e suggestivo che accompagna, in modo molto discreto, quasi nascosto, la statua del Cristo, che poi sarà messa sulla croce, nella Chiesa Madre; qui riceve l’omaggio dei fedeli che ne baciano i piedi e il costato. Quest’ultima tradizione, un po’ strana – dal momento che sembrerebbe che gli aidonese adorino Gesù morto con due giorni di anticipo - è stata motivo di contesa tra la popolazione e i parroci, anche se sembra accertato che un proprio un parroco l’abbia inventata negli anni cinquanta, mentre l’attuale parroco l’ha sospesa. 

La storia. La tradizione, alquanto rara se non unica, risale probabilmente alla fine dell’Ottocento o agli inizi del Novecento, all’epoca dei movimenti di rivendicazione dei contadini, delusi della mancata distribuzione delle terre promesse da Garibaldi e dissanguati dall’esosità del governo sabaudo. La statua, che viene ancora portata in processione dentro una bara il venerdì, caratterizzata da braccia pieghevoli, era di proprietà della confraternita dei Bianchi, formata dai nobili e dai grossi proprietari terrieri; loro era l’onore della processione del Cristo Morto la notte del Venerdì Santo, onore che condividevano benignamente con i loro mezzadri e salariati che facevano capo alla confraternita dell’Annunziata. A seguito di una rivolta i nobili negarono ai contadini la statua del Cristo per la celebrazione del Venerdì, costoro rapirono la Statua, la portarono nella loro chiesa e poi alla Matrice, da dove partiva la processione. Fu un momento di grande partecipazione e concitazione, ma poi si venne a più miti consigli e la statua fu restituita ai Bianchi che la conservavano nella Chiesa dei Cappuccini (nell’attuale museo archeologico)

Ma da quel momento i rampolli dei Bianchi, per paura che fosse ancora trafugata, il Mercoledì portavano la statua da una chiesa all’altra di notte, attenti che non ci fosse nessun testimone. La gente, che l’aveva capito, osservava questa processione dalle fessure delle porte e delle finestre, ma se i bianchi se ne accorgevano tornavano indietro, per cui il tutto avveniva al buio e nel silenzio più assoluto, da qui probabilmente la definizione U signur’ a mucciun’ o mucciat’, di nascosto o nascosto.

Quando la confraternita dei Bianchi si sciolse la statua fu donata alla confraternita dell’Annunziata, ma i Nunciatari vollero continuare a commemorare quel memorabile atto di ribellione con la celebrazione del Mercoledì. Si racconta anche che l’ultimo nobile, che aveva in affidamento la statua, dopo avere svenduto tutto ciò che aveva, si vendette anche il Cristo, ai Nunciatari appunto; da qui il detto in aidonese “s’è venduto pure Cristo” .

Il Cristo deposto su una scala di legno e coperto con un lenzuolo, come quei poveri morti che si trasportavano dalla campagna, quando fa buio viene trasportato dai confratelli in sordina alla Chiesa Madre, e la gente attende con ansia il passaggio del mesto corteo spegnendo le luci delle case per non disturbarlo. La tradizione di baciare la statua, dopo che era stata portata alla chiesa Madre, è più recente, risale alla fine degli anni cinquanta e fu introdotta dal parroco dell’epoca, Padre Minasola. Negli ultimi anni si è tornati alle origini: in modo discreto la statua viene portata la sera del mercoledì alla chiesa madre, dopodiché vengono chiuse le porte. Franca Ciantia

Quest'anno verrà riprodotto il vecchio rito e la visitazione avverrà a San Lorenzo. 

La Vexata Quaestio: La querelle sul Mercoledì Santo e la tradizione di “u signur’ a mucciun”, Sospesa a partire dalla Pasqua 2003. dalle pagine di "Qui Aidone" il giornalino di Padre Felice Oliveri 

Ho ritrovato per caso il carteggio che sulla questione intratenne don Felice Oliveri con una fedele che, dalle pagine del giornalino Qui Aidone, contestava la decisione del parroco circa la sopsensione della rito tradizionale del Mercoledì Santo. Dai miei appunti. Preferisco non fare i nomi delle due signore.

QUIAIDONE / Maggio -Luglio 2003

La lettera di una fedele a don Felice Oliveri

"Ieri sera tornando a casa, dopo aver ascoltato la S. Messa, ho riflettuto su quanto lei ha detto riguardo al significato e all’importanza che gli Aidonesi danno a “certe tradizioni” seppur errate. L’argomento, da lei ampliamente discusso è stato ed è l’esistenza nella storia delle tradizioni aidonesi del mercoledì santo con la visita “du Signur a mucciun”. La diatriba sostenuta da Lei e la Confraternita si è conclusa con la soppressione di quella tradizione, in quanto ritenuta errata e non corrispondente ai momenti solenni dei riti religiosi celebrati durante la Settimana Santa.

Con questa lettera desidero esprimerLe il punto di vista di una popolana credente, rispettosa di quelli che sono i momenti sacri del Triduo Pasquale. Tentare di conciliare le tradizioni con la religione mi sembra un’impresa pressoché ardua. Le tradizioni sono gli usi ed i costumi che un popolo si tramanda di padre in figlio, più, o meno esatte, più o meno aderenti alla realtà ed ai cambiamenti che si susseguono nella vita della chiesa come istituzione. Tentare di cambiarle equivale alla distruzione della memoria storica di quel popolo. Religione e tradizione non sono mai andate d’accordo, poiché è molto difficile intravedere qualcosa di religioso nelle celebrazioni di certe feste come quella di S. Agata a Catania, S. Rosalia a Palermo, S. Cono…Esse vanno viste e rispettate come tali e basta.

Diverso è a mio avviso il sentimento religioso con cui ciascuno di noi vive questi momenti. Doveroso è distinguere ciò che fa parte del folklore e quanto fa parte del cammino interiore che ogni individuo compie con l’aiuto di Dio lungo la propria esistenza. Sostenere che il mercoledì santo con Gesù morto va celebrato in un altro momento perché non corrisponde cronologicamente a nessun riferimento liturgico è un fatto che tutti sappiamo. Chi lo ignora è colui che identifica con una tradizione che, continua ad osservare perché non ha ricevuto la Grazia di compiere quel cammino di fede che porta ogni credente a celebrare Dio, a prescindere dall’esistenza o meno di quella tradizione. Io La invito a voler accogliere il desiderio di molti Aidonesi che desiderano ripristinare questa tradizione, che come tale, nulla toglie od aggiunge al credo di ognuno di noi. Con stima e devozione, una sua parrocchiana.

P.S. Gradirei la pubblicazione della presente lettera se è possibile conoscere l’opinione dei lettori. Grazie. Aidone 3 febbraio 2003

Pubblichiamo la lettera in “tempo di pace” , al prossimo numero la risposta da parte mia e da chi volesse. Cordialmente. don Felice Oliveri

Le due risposte che furono pubblicate nel numero seguente: 

Gentile Signora, In riferimento alla Sua richiesta di opinioni dei lettori circa “U Signur a mucciun”, mi è gradito esprimerLe tutto il mio plauso per la Sua lettera. La tradizione esiste da tempi immemorabili e le sue origini vanno forse ricercate nella apprezzabile rivalità tra le antiche Confraternite per la “custodia” della statua del Cristo morto. Prima che nella Chiesa dell’Annunziata, la statua restava, ad esempio, nella chiesa dei Cappuccini. Tutto scaturisce, quindi, dall’esigenza pratica di riportare in Cattedrale la statua in tempo utile, per le liturgie del Venerdì santo. Aggiungo e chiudo:qualcuno dorrebbe rendersi conto che distruggere le tradizioni di un popolo equivale a distruggere la religiosità di quel popolo. Con quel che ne consegue. Cordialmente Antonino avv. Spadaro.

Cara fedele,

La Trasmissione del Vangelo, secondo il comando di Gesù, è stata fatta in due modi: oralmente e per iscritto dagli apostoli, i quali, nella predicazione orale e con gli esempi trasmisero ciò che avevano ricevuto dalla bocca, sia dal vivere insieme e dalle opere di Cristo, sia da ciò che avevano imparato per suggerimento dello Spirito Santo. Questa trasmissione viva, compiuta nello Spirito, è chiamata “Tradizione” e per tramite della Chiesa, nella sua dottrina, nella sua vita e nel suo culto, perpetua e trasmette a tutte le generazioni ciò che essa è e ciò che essa crede. Vanno però distinte da queste le “tradizioni” devozionali nate nel corso del tempo nelle chiese locali. Esse costituiscono forme particolari attraverso le quali, la grande “Tradizione” si esprime in forme adatte ai diversi luoghi, nelle diverse epoche. Alla luce della “Tradizione apostolica”,queste “tradizioni” possono essere modificate, oppure nel tempo abbandonate, perché in contrasto con ciò che la Sacra Scrittura ci dice. Del fatto che le tradizioni cambiano ne abbiamo prova anche nel nostro paese e proprio in relazione alla settimana santa. Circa 25 anni fa la rappresentazione della discesa del Cristo dalla croce si svolgeva in modo semplice, senza la statua della Madonna Addolorata, le portatrici e gli altri personaggi. Io ricordo che molti, allora,non condivisero questo cambiamento radicale, rimpiangendo per molti anni l’uso precedente, soprattutto le persone che vivevano questo momento con grande coinvolgimento. Questo sta a dimostrare che le “tradizioni” non sono Vangelo ma costume, le fanno gli uomini e quindi sono soggette a cambiamenti. Senza pregiudizio alla autentica fede. Cari saluti. La risposta è da parte di un'altra fedele.

QUI AIDONE. IL GIORNALINO DI DON FELICE OLIVERI

Cercando nella Rete ho ritrovato alcuni numeri del giornalino "Qui Aidone" di padre Felice . Il giornalino mensile, pubblicato per più di dieci anni, era molto amato non solo dai parrocchiani ma anche e soprattutto dalle migliaia di emigrati aidonesi, più numerosi dei residenti, sparsi in tutto il mondo. E' stato un vero peccato sospenderne la pubblicazione durante la sua malattia e poi dopo la sua morte. Voglio rendergli omaggio ricordandolo qua e dando modo a chi mi legge di reperire alcuni numeri presso il sito che qui linkerò. Grande Felice, sei sempre presente nei nostri ricordi e nelle nostre preghiere! completo il ricordo del giornalino con due articoli del compianto avvocato Antonino Spadaro che vi collaborò con articoli che raccontavano l'Aidone che fu! qui ho messo due immagini tratte da articoli pubblicati nel 2009 riguardanti le confraternite e la loro storia. 

 

Voglio completare questo excursus riprendendo l'articolo  che scrissi  nel marzo 2015, pubblicato su Vivienna.it, quando per merito di una devota, Maria Gozza, il Crocifisso dell'Annunziata, prima dei Bianchi, fu restituito alle sue forme originali attraverso un restauro che ne rivelò anche l'età e la notevole importanza. L'articolo è illustrato con immagini delle fasi del restauro.

Un Crocifisso nuovo di quattro secoli per il Venerdì Santo aidonese

Aidone. La settimana santa ha in serbo una bellissima sorpresa per gli aidonesi. Quest’anno i fedeli che la sera del venerdì santo si affolleranno per assistere alla suggestiva funzione della “ Scisa a Cruci” -la deposizione dalla croce- e per partecipare alla commovente processione del Cristo Morto, ammireranno le fattezze dell’amatissimo Crocifisso in tutto il suo splendore, mentre apprenderanno che il simulacro protagonista della processione delle processioni è una pregevole scultura lignea del Seicento che un laborioso restauro ha restituito alle fattezze ed ai colori originari.

Il merito dell’operazione va all’iniziativa di un privato, la signorina Maria Gozza, che l’ha portata avanti in modo tenace, al limite della testardaggine. La statua di Cristo dalle braccia snodabili, che da tempo immemore è protagonista assoluto del rito pasquale più atteso e coinvolgente della religiosità popolare: “a scisa a cruci”- potrà finalmente essere venerato e ammirato dai suoi fedeli proprio come doveva essere apparso ai suoi committenti oltre quattro secoli fa, rappresentato nella sofferenza della morte con il realismo crudo che doveva colpire la coscienza dei penitenti quaresimali. La statua, proprio per la destinazione, che da sempre ha avuto nell’ambito dei tradizionali riti della settimana santa, ha subito nel tempo un forte degrado che ha dato luogo ad infiniti interventi di conservazione, di integrazione, fino al punto da renderlo quasi irriconoscibile e di dare l’impressione che fosse scolpito in un materiale meno nobile come la cartapesta. Va riconosciuto il merito alla signorina Gozza di avere lottato strenuamente per fare sì che la statua potesse essere sottoposta ad un restauro globale e radicale, effettuato da esperti, per finanziare il quale, con l’autorizzazione della Curia e del Parroco don Felice Oliveri, la stessa nel 2013 ha avviato una colletta porta a porta. 

Il lavoro di restauro lungo e difficile, anche più di quanto fosse apparso ad una superficiale valutazione dello stato di degrado, è stata eseguito dalla restauratrice ennese Maria Angela Sutera con la supervisione del dott. Paolo Russo storico dell’arte della Sezione per i beni storico artistici (Soprintendenza BB. CC. AA. di Enna), diretta dal dott. Luigi Maria Gattuso. Il lavoro, documentato nei minimi dettagli, ha rivelato che la statua è stata scolpita in modo magistrale da un unico ceppo di legno, forse pioppo o tiglio, e che risale molto probabilmente ad un periodo che si pone tra la fine del XVI e la prima metà del XVII secolo. La datazione ipotizzata dal dottore Russo, risultante da un’analisi storico-comparativa, andrebbe confermata con un’analisi più approfondita dei materiali e delle tecniche, per la quale sono necessari ulteriori finanziamenti o la presa in carico da parte di laboratori universitari o di restauro altamente specializzati.

L’opera di restauro ha ridato solidità al manufatto, per permetterne la sua fruizione per molti altri secoli ancora, e ha rivelato un discreto valore artistico, oltre che storico e culturale, ma ha anche evidenziato l’esigenza di tutelarlo adeguatamente, di valorizzarlo e offrirlo alla fruizione dei visitatori anche al di fuori del periodo pasquale. La Soprintendenza di Enna, diretta dal dott. Salvatore Gueli, nel restituirla all’ente proprietario detterà delle precise regole e prescrizioni per garantire uno stato ottimale sia nella conservazione, sia nell’uso rituale per le funzioni del venerdì santo, che per permettere una eventuale ed auspicabile esposizione continuativa. La Curia, che si è fatta carico di sostenere la necessità del recupero della statua, ha promesso anche un contributo finanziario di 600 euro, e, a lavori quasi ultimati don Giuseppe Paci, Direttore dell’Ufficio Arte Sacra e BB CC Ecclesiastici, si dichiara soddisfatto del risultato ottenuto. La confraternita dell’Annunziata, da sempre custode della statua, si è caricato il costo della TAC, indispensabile per cominciare il lavoro. A proposito di costo, l’intero restauro ammontava a 7.500 euro; la sig.na Gozza ne aveva raccolto 2.500, altri duemila le sono stati affidati generosamente da un unico donatore in forma anonima; con i 600 del Vescovado, siamo a poco più di 5.000, ne mancano all’appello ancora 2400 di cui attualmente sta rispondendo la signorina Gozza ma sarebbe auspicabile che fossero raccolti al più presto anche tramite una nuova colletta. Inoltre la decisione, presa all’unanimità da tutte le parti in causa, di effettuare il restauro globale per riportare la statua alle origini, ha comportato un aumento considerevole di ore di lavoro quantificato in 4.500 euro, che si aggiungono ai 7.500 del preventivo iniziale.

Il ritorno in Aidone della statua del Crocifisso da depositio sarà sicuramente accompagnato da una conferenza stampa o da una tavola rotonda dove il dottore Russo potrà esporre le conclusioni cui è giunto con il suo approccio da storico e la dottoressa Sutera potrà descrivere nei dettagli il restauro fatto e quanto è riuscita a scoprire della storia del manufatto man mano che è andata avanti con il lavoro; dalla fattura secentesca a tutti i vari interventi subiti, come l’aggiunta, forse settecentesca, del drappo che ha coperto l’antico perizoma, le modifiche subite dalla testa, prima mobile come le braccia, e soprattutto la decisione di rivestire collo ed omeri con una “veste” di pelle per facilitare la mobilità delle braccia, una soluzione geniale suggerita alla Sutera dal ritrovamento di tracce di pelle, ben riconoscibili, nascoste tra i mille materiali usati nel tempo per fissare la testa e continuare a dare mobilità alle braccia.

Oltre al valore intrinseco ed oggettivo dell’opera, importantissimo è l’apporto che essa potrebbe dare per una migliore conoscenza della religiosità e dei riti delle tradizioni pasquali in centro Sicilia; la presenza dei Crocefissi da deposizione, per la sacra rappresentazione della crocefissio-depositio, conosciuta in Italia centrale e settentrionale fin dal Trecento, è documentata in Sicilia in epoca più tarda, nel Cinque-Seicento, ormai contaminata dalla tradizione spagnoleggiante di cui sono impregnati tutti i rituali siciliani. Sarebbe auspicabile che uno storico dell’arte, o un ricercatore, o un laureando prendessero in carico lo studio della statua, magari incentivato da una borsa di studio. La comunità tutta a vario titolo e grado per il Venerdì Santo aidonese potrebbe contribuire a renderlo possibile. Franca Ciantia

https://www.vivienna.it/2015/03/07/un-crocifisso-nuovo-di-quattro-secoli-per-il-venerdi-santo-aidonese/