Pippo Castiglione - I pani votivi in Aidone ed altre tradizioni legate al pane

Tavola di San Giuseppe - Aidone

Il mio amico Pippo Castiglione ancora una volta mi ha mostrato la sua attenzione e il suo amore per Aidone affidandomi questo testo. Scartabellando tra le sue carte ha trovato un documento dei tempi dell’università quando frequentava il corso di Tradizioni Popolari, era un questionario sui pani votivi che aveva compilato, negli anni 60, con l’aiuto di una signora aidonese, che, guarda caso, era una mia vicina che conoscevo fin da bambina, a zza Cunc’ttedda a Mascara, nonna di miei amici e madre della mia madrina di battesimo, la compianta Giuseppina Mascara… com’è piccolo il mondo!

Come ci racconta Pippo Castiglione, il pane, che costituiva la base dell’alimentazione in tutte le età, contrassegnava pure le grandi festività e la venerazione ad alcuni santi in particolare. Dai paninetti di San Biagio ai pani figurati di San Giuseppe, a quelli da distribuire ai poveri donati ai due Sant’Antonio. Castiglione analizza anche i dolci di Natale e Pasqua che avevano come base un impasto semplicissimo di farina, zucchero strutto e vino e come condimento l’uovo, simbolo della rinascita, che arricchiva i palumedd’ d’ pasqua, e i fichi secchi e le mandorle, abbondanti anche nelle case più povere, che farcivano i purciddat’ di Natale.

Oltre alla tradizione di pani votivi o festivi Pippo si sofferma su altre tradizioni, quella della mollica del battesimo e quella del comparatico che lui dimentica di dire si celebrava tagliando la “cruna”, gli steli del frumento che i ragazzi usavano seminare in un piatto e facevano nascere e crescere al buio perché fossero totalmente bianchi.

Prima di passare al testo di Pippo, che qui riporto nella versione integrale ricavata dai suoi appunti battuti a macchina, mi piace ricordare che anche in occasione della festa di San Filippo, da parte dei fedeli forestieri che affluiscono in Aidone il primo maggio, è tradizione portare dei grandi pani che per lo più rappresentano degli arti anatomici o delle figure umane in ricordo della grazia ricevuta.

PANI VOTIVI

di Giuseppe Castiglione

In Aidone v'é usanza di confezionare pani devozionali o votivi in ricorrenza della celebrazione della festa di quattro santi: S. Biagio, S. Giuseppe, S. Antonio da Padova, S. Antonio Abbate; per la S. Pasqua e per il S. Natale.
Le notizie che qui riporto mi sono state fornite dalla Sign.ra Mascara Concetta, di anni 71, grado d'istruzione 5 Elementare, e confermate da altre anziane, persone del popolo

S. Biagio: la festa ricorre il 3 Febbraio. S. Biagio é protettore contro il mal di gola. Quando in una famiglia qualcuno ha mal di gola, ci si rivolge al Santo per una pronta guarigione, promettendo in voto la fattura del pane, che prende il nome dal Santo.
Denominazione: "I cuddireddi di San Bilasi".

Forma: é varia, può essere a ruota, a S, "a Santa Luciedda", a pagnotelle piccolissime, a spirale
Confezione: farina di grano duro impastata con acqua, senza sale; la pasta viene alquanto lavorata ("scannata") per renderla dura; le forme si mettono a cuocere in forni di pietra, modello atavico.

Nel giorno della festa i pani si portano in Chiesa.i Il prete celebra la S. Messa e li benedice; indi li distribuisce ai fedeli i quali li mangiano, convinti di essere così protetti da un eventuale mal di gola. (n.d.r. - La chiesa dove si celebra la festa è quella degli Angeli Custodi, della chiesa di san Biagio, sita in via Arconide, resta che il toponmo. -  Durante la messa il celebrante procede anche alla benedizione della gola dei fedeli che in processione si avvicinano all’altare. I panini vengono fatti dai fedeli come ex voto per ringraziare o per impetrare la grazia della guarigione e quindi distribuiti anche ai presenti.)

S. Giuseppe: la festa ricorre il 19 marzo. San Giuseppe é "u patruni di tutti cosi", mi dice la Sign.ra Mascara; "di puvireddi", specificano altre persone. Il pane si porta generalmente per voto, ma anche per devozione; a prima risposta quasi tutti dicono “pi mprumissioni". Nel giorno della festa il pane si porta in Chiesa, viene benedetto e distribuito ai poveri, onde S. Giuseppe è “u Patruni ri puvireddi".
Denominazione: "U pani di San Giuseppi”
Formati: 1) "U brazzi di S. Giuseppi", raffigurante l'avambraccio e la mano. 2) "U bastuni di S. Giuseppi", consistente in una lunga corda di pasta attorcigliata e piegata in due, con le estremità divaricate e tagliuzzate, in modo da rappresentare un fiore. 3) a pagnotta, a grappolo d'uva, a "uastedda", cioé a forma rotonda
Confezione: pane comune. Prima di metterlo nel forno si unge di uovo sbattuto e si cosparge di semi di papaverina ("a cucuzedda”). Per effetto dell'uovo il pane esce fuori dal forno molto lucido. Questo pane fa parte anche della famosa "tavula cunzata", fornita di almeno 12 pietanze, che il prete va a benedire fino a casa.

Sant’Antonio da Padova: la festa ricorre il 13 Giugno. Il Santo non è protettore contro qualche malattia particolare. Il pane si promette in voto, per ottenere una qualche grazia, si porta in Chiesa, viene benedetto durante la celebrazione della S. Messa e indi distribuito ai fedeli.
Denominazione "U pani di Sant'Antoni”

Forma: la pagnotta ovale, segnata nel mezzo da un taglio longitudinale.
Confezione: Pane comune.

(n.d.r. La festa, preceduta dalla tredicina, si tiene nella chiesa di San Leone; la chiesa di Sant'Antonio di Padova si trovava nella piazza del municipio di fronte a questa di San Leone, nell'edifico che oggi viene chiamato casa della pincipessa;  agli inizi dell'Ottocento, quando ormai era in gran parte diruta sia la chiesa che gli edifici adiacenti fu definitivamente alienata, la somma ricavaa fu utilizzata per restaurare la chiesa di San Leone con l'obbligo che al Santo fosse riserrvato un altare per non perderne il culto -dal manoscritto del Canonico Palermo che mi ha messo a disposizione il sig. Vincenzo Impellizzieri-. La devozione  al santo di Padova è molto sentita, fino agli anni cinquanta ai bambini veniva fatto anche il votino, un saio marrone che ricordava quello francescano.)

Sant’Antonio Abbate: la festa di celebra il 17 Gennaio. "Sant'Antunini è u patruni di l'animali". Il pane si promette per voto, per ottenere la grazia della guarigione di qualche animale ammalato, come preventivo perchè il Santo custodisca in salute gli animali. Il pane viene benedetto durante la calebrantone della S. Messa distribuito ai presenti. Chi lo riceve ne mangia un poco ed il resto lo distribuisce agli animali.
Denominazione : "U pani di Sant'Antunini".

Forma: simile a quella del pane di "Sant'Antonii".

Confezione: pane comune.
Qualcuno, mi dice la Signora, nella ricorrenza della celebrazione della festa di Sant’Antonio Abbate, si tirava dietro tutti i muli o cavalli, portava con sé un sacchetto con orzo e pane e si recava alla Chiesa del Santo. Qui faceva con le bestie tre giri attorno al fabbricato (la Chiesa infatti è un isolato alla periferia del paese) e indi faceva benedire dal prete l'orzo che, giunto a casa, distribuiva alle bestia nelle mangiatoie. Questa consuetudine adesso si è perduta.

(n.d.r. Gli aidonesi distinguono tra i due  santi  Sant'Antonii, quello di Padova, e sant' Antunin’, Sant' Antonio Abate. Ad entrambi avevano dedicata una chiesa. Al santo Eremita è dedicata la chiesa omonima, posta nell’estrema periferia est del paese, una delle più antiche chiese aidonesi, di epoca normanna o forse anche antecedente. La chiesa dedicata a Sant’Antonio di Padova, di cui non è rimasta traccia, era nella attuale piazza Umberto –forse dove si trova la casa che chiamano della Principessa- antistante a quella di San Leone che ospita ora la statua del santo portoghese.)

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In occasione della celebrazione delle feste della S. Pasqua e del S. Natale, quasi tutte le famiglie del popolo preparavano per devozione pani speciali.

 

Santa Pasqua

Denominazione "a Palumedda"

Confezione  farina di grano tenero impastata con sugna, uova e zucchero.

Forma di colomba. Si stende un lenzuolo di pasta a forma di rettangolo. In una estremità si traccia la coda della futura colomba. 1) coda: ‘estremità si divide in tanti pentacoli, dei quali alcuni, in senso alterno, si rivoltano in dentro attorcigliandoli. 2) uovo. 3) Questa estremità si volta indietro in modo che la prima metà ricopra l’uovo e la seconda, riportata in avanti verso l’alto, dia luogo ad una testa di colomba. 

Altra forma: si preparano due dischi di pasta, uno più grande, l'altro più piccolo; in quello più grande ai pone un uovo che si copre per tre quarti col disco piccolo; unite le estremità dei due dischi, si ritaglia attorno la pasta superflua. Indi si confeziona una treccia che si applica a mo' di manico.
I pani (o dolci?) così confezionati si mettono a cuocere nel forno.

S. Natale

Denominazione: “I Purciddati".
Confezione: Pane comune o dolce ripieno di fichi secchi bolliti, zuccherati , aromatizzati con cannella e vaniglia
Forma: di pere, anello, cuore, per quelli con pane dolce. Quelli con pane comune si confezionano in forme più grandi. Su metà di un lenzuolo di pasta si dispongono i fichi l'altra metà si rivolta sopra in modo da far coincidere i lati del lenzuolo, che insieme vengono arrotolati per chiudere bene. Indi si uniscono, girandolo a cerchio, le estremità di questa specie di filone. Così fatto, la forma si pizzica col coltello, tutta attorno.
(n.d.r. Castiglione presenta i due tipi di purc'ddati, quelli dolci, della misura di biscottini, più conosciuti, e quelli realizzati con la pasta di pane in formato di treccia o corona della grandezza di una pagnotta)

Una tradizione battesimale dimenticata

La Sign.ra mi racconta che un'antica usanza esisteva in occasione del S. Battesimo; non so se il narrarla sia richiesto dai quesiti del questionario comunque la espongo ugualmente, perché in questa materia credo che la narrazione di una tradizione, anche se non richiesta, non é superflua.

In occasione di un Battesimo la madre del nato portava con sé un bicchiere e una grossa mollica di pane avvolta in un fazzoletto nuovo, confezionato magari appositamente per l'occasione. Dopo il Battesimo il prete palpava la mollica con le dita e la lasciava cadere nel bicchiere pieno d'acqua santa, con la quale lavava le mani, che poi asciugava col fazzoletto.

La stessa cerimonia si ripeteva in occasione dell'ultima comunione inpartita a un moribondo.

Ho chiesto alla Sign.ra che cosa volesse significare una tale usanza. Ha risposto che non sapeva, ma che comunque pane e acqua volessero rappresentare corpo e sangue di N. S. Gesù Cristo. Mi son preoccupato di domandare alla Sign.ra perché mai certe antiche cerimonie o riti non fossero più in uso. Ha risposto "Certi chi ni l'antichi c'era più sincerità; i cosi ra Chiesa erini sintuti chiassai". La Sig.ra mi ha mostrato due fazzoletti, ricamati a mano, serviti in occasione del Battesimi dei suoi figli; tali fazzoletti lei aveva ereditato da sua madre, la quale chissà da chi li aveva avuti.

(N. d. r. Non so se si faccia ancora oggi, ma fino a qualche tempo fa c'era l'usanza che nel battesimo, oltre ai padrini ordinari, ci fosse anche a parrina d' l-ogghj' sant', la madrina che aveva il compito di asciugare la testolina del bambino dopo il "bagno" battesimale, il fazzolettino di seta o battista ricamato per l'occasione veniva conservato come una reliquia dai genitori e nel contempo serviva ad allacciare un altro rapporto di comparatico, oltre a quello dei testimoni alle nozze, a quelli del battesimo e della cresima. Non va dimenticato il comparatico amicale che si celebrava il giorno di san Giovanni Battista, di cui Castiglione parla qui sotto.)

Testo

IL COMPARATICO TRA RAGAZZI

- Signora v'è usanza di pani per il comparatico tra ragazzi?

- Pani proprio per il rito, no; comunque c'é ancora usanza d'una specie di cerimonia per il comparatico tra ragazzi, nelle quale viene recitata questa filastrocca:

Cumpari di San Giuanni, sa ch'avimi ni spartimi;
avimi pani e vini, ni ittami intra u barrili;

avimi pani e ossi ni ittami intra u fossi.

Cumpari simi, cumpari ristami, quanni murimi ni spartimi.

Quanni iu hai i cosi i dugni a tia;

Quanni tu hai i cosi i duni a mia.

Quanni iu mori, mi ddumi na cannila a mia;

Quanni tu mori, ti ddumi na cannila a tia.
Cumpari simi, cumpari ristami;

Quanni murimi ni spartimi
La formula viene recitata, cantilenata la prima parte, da entrambi i componenti, che nel mentre si tengono stretti per i mignoli delle mani, destro col destro, sinistre col sinistro, in modo de incrocciare le braccia. Il tempo della cantilena viene battuto da movimenti delle braccia, in modo che s'incrocino una volta quelle dell'uno, una volta quelle dell'altro.
Terminata la cerimonia, si prende un po' di pane comune e si spezza in due
Ciascuno dei due ragazzi ne mangia un pezzetto. L'unione delle dita e l'incrociare delle braccia, dice la Sign.ra, vogliono significare il vincolo d'indivisibilità stabilentesi tra i due; mentre la divisione del pane é la prima dimostrazione di quanto si dice nelle filastrocca: "sa ch'avimi ni spartimi".
Ringrazio in bontà e la generosità della Sig.ra Concetta Mascara per tutto ciò che lei mi ha consentito di annotare su alcune delle tradizioni popolari del comune di Aidone.

Giuseppe Castiglione - Facoltà di Lettere Moderne